Il lavoro nobilita l’uomo
Il lavoro, maltrattato, bistrattato, inneggiato, nobilitato, tema caldo di una società che ne ha fatto un dramma. Bologna, invece, nell'ambito del grande progetto della Fondazione MAST, desidera solo raccontarlo. Con la Biennale Foto/Industria, fino al 20 ottobre.
17 mostre in 10 sedi sparse per il centro storico, nell’ambito del grande progetto Fondazione MAST voluto da Isabella Seragnoli: si tratta della Biennale Foto/Industria e la città, manco a dirlo, è Bologna. Con la direzione artistica di François Hebel e la collaborazione dei Rencontres d’Arles, il progetto si snoda attraverso cinque dettagliatissime sezioni: il lavoro industriale e corporate, che vede protagonista Gabriele Basilico, le esposizioni di un progetto, il lavoro corporate dei fotografi leggendari, i progetti concettuali, le collezioni.
Queste ultime sorprendenti, soprattutto per ciò che concerne i percorsi costruiti al Museo Archeologico da Claude Hudelot e a Santa Maria della Vita da W.M. Hunt. Il primo, storico della Cina contemporanea, raccoglie immagini ossessive che pongono l’accento sulle comunità: che si tratti di teatro, di scuola, di fabbriche, di cantieri, la ripetizione è il dato costante. I volti si perdono, le uniformi sono l’unico refrain, la superficie color seppia della pellicola si macchia, ma è la sola “personalizzazione” in un clima di omologazione (propagandistica) disarmante. Anche il secondo, americano, rappresenta con la propria collezione il contesto del lavoro nel Paese da cui proviene. Una raccolta inedita, quella scelta per la mostra bolognese, che ripropone in chiave “capitalista” il tema della moltitudine e dell’individualità: anche qui è la mise en scène di un potere che mostra i muscoli il tratto fondamentale.
Non mancano i fotografi più noti, da Henri Cartier-Bresson a Palazzo Pepoli, all’immaginario incantevole descritto da Robert Doisneau (Fondazione del Monte di Bologna e di Ravenna), fotografo aziendale per cinque anni di Renault, né – sempre al Museo Archeologico – David Goldblatt, che racconta in maniera sublime lo scenario delle miniere del Sudafrica. Dominano le assenze, dai paesaggi umani – i loculi letto dei minatori in opposizione alle opulente case dei bianchi – fino alla discesa nelle viscere della terra, ritratte dal fotografo agguerrito, desideroso di raccontare la realtà. E mentre alla Pinacoteca di Bologna il colore regna sovrano con gli scatti del pioniere Harry Gruyaert che ritrae il mondo industriale, ma anche il ceto impiegatizio sotto una luce talvolta iperrealistica, talaltra irreale e la ricercatrice olandese Mirelle G. Thijsen analizza i libri di fotografia d’impresa (scegliendo, forse non per caso, quelle immagini che maggiormente richiamano un’estetica da fantascienza Anni Sessanta), alla MAST Gallery è protagonista la collezione della Fondazione.
Si intitola I mondi dell’industria il percorso curato da Urs Stahel in cinque sezioni tematiche: il ritratto del lavoratore e l’immagine del paesaggio industriale, la produzione, “un tempo e oggi”, energia, trasporti e comunicazione. Tra 48 fotografi e 180 opere, quali nomi fondamentali della disciplina fotografica, da Berenice Abbott ai coniugi Becher, da André Kertész a El Lissitzky fino a Man Ray, il percorso comincia, per dirla con le parole del curatore, “la scrittura di una storia dell’industria e apre una discussione sull’industria stessa a partire dal proprio patrimonio fotografico”.
Santa Nastro
Bologna // fino al 20 ottobre 2013
Biennale Foto/Industria
a cura di François Hebel
SEDI VARIE
www.fotoindustria.org
www.mast.org
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