Materia e corpo. Ovvero Walter Chappel
Tra echi della cultura hippie e fiori letteralmente elettrizzati che imprimono la loro aura sulla carta fotografica, tra “spudorati” nudi e natura selvaggia. Così Walter Chappel ci parla di amore e del ciclo eternamente rigenerativo del mondo naturale. In mostra a Modena, senza veli, fino al 2 febbraio.
![Materia e corpo. Ovvero Walter Chappel](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2013/10/82.jpg)
L’allestimento è sempre essenziale e minimale: le opere appese alle pareti rigorosamente bianche senza orpelli, le informazioni sintetiche che non sconfinano in improbabili letture di vario genere – dalla psicoanalisi ai voli pindarici di tanti curatori – limitandosi a cenni di storia e a limpide descrizioni di inquadramento generale. L’impronta ormai consolidata delle mostre di Fondazione Fotografia è quella del rigore, di spazi neutri che lasciano alle fotografie e ai fotografi il solo ed esclusivo diritto alla parola.
Facile, forse… Ma dopo tanti anni di lavoro scientifico, di costruzione di un archivio che conta ormai un migliaio di pezzi e che rappresenta con nuclei importanti i più grandi fotografi italiani, statunitensi e del resto del mondo, ‘facile’ non ci sembra la definizione giusta. Perché è più facile conquistare il pubblico e certa stampa con “mostre evento” costosissime, più facile è creare allestimenti accattivanti e buttarci dentro opere senza una logica curatoriale forte, ancora più facile è proporre il grande nome internazionale pop senza che vi sia nessun legame con serie politiche culturali del territorio.
![Walter Chappell, Erosion, Plaza Blanca, Abiquiu, 1982, Stampa ai sali d’argento, © The Estate of Walter Chappell](http://www.artribune.com/wp-content/uploads/2013/10/92-480x385.jpg)
Walter Chappell, Erosion, Plaza Blanca, Abiquiu, 1982, Stampa ai sali d’argento, © The Estate of Walter Chappell
Filippo Maggia e il suo staff hanno scelto con coraggio e tenacia un’altra strada, e la mostra su Walter Chappel (Portland, 1925 – El Rito, 2000) è la tappa odierna che si intreccia al tema “Amare” del Festival della Filosofia di Modena.
Hippie e bohémien, il fotografo americano potrebbe definirsi un “amante della vita” tout court: una vita intesa prima di tutto nelle sue origini, nella carne dei corpi umani e nelle forme delle rocce, nelle ricche varianti della vegetazione e in una completa fusione di natura e persona. La forza che promana dalle stampe nerissime di Chappel è quella vitale e generativa, quasi primordiale nel suo essere messa in mostra senza filtri e con la spontaneità che contraddistingue la sua da altre poetiche che ricercano invece la forma perfetta, il nudo femminile statuario, l’erotismo patinato.
Chappel è diretto e sfrontato nel porre su un unico piano un tronco d’albero e il ventre sformato dalle gravidanze della sua compagna, nell’accostare senza tabù organi sessuali addobbati come protagonisti di riti indiani propiziatori e vortici delle acque oceaniche. Immagini forti, ma che riescono a restituire l’energia che scorre attraverso le cose in un processo continuo di creazione naturale. Di fronte a certi scatti viene da pensare al più conturbante, ma forse, nelle intenzioni del pittore, semplicemente “realistico”, Origine du monde di Courbet.
Marta Santacatterina
Modena // fino al 2 febbraio 2014
Walter Chappell – Eternal Impermanence
a cura di Filippo Maggia
EX OSPEDALE SANT’AGOSTINO
Largo Porta Sant’Agostino 228
059 239888
[email protected]
http://www.fondazionefotografia.org
![22 Materia e corpo. Ovvero Walter Chappel](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2013/10/22-768x558.jpg)
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![12 Materia e corpo. Ovvero Walter Chappel](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2013/10/12-768x602.jpg)
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![14 Materia e corpo. Ovvero Walter Chappel](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2013/10/14-768x938.jpg)
![15 Materia e corpo. Ovvero Walter Chappel](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2013/10/15-768x491.jpg)
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