![A me gli occhi. Diego Marcon da Gasconade](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2013/11/7_Marcon.jpg)
La vista si abitua al buio, gradualmente distingue le forme nell’oscurità. Accade il contrario con l’eccesso di luminosità: si è abbagliati, l’accecamento diviene totale. Solo allora la visione si sostituisce alla vista. È quanto accade nel lavoro realizzato da Diego Marcon (Busto Arsizio, 1985; vive a Parigi), che ha filmato le nuvole. Bianco su bianco, si cerca di scorgerne le forme che scorrono silenziose, mentre l’allestimento – solo una struttura in policarbonato sospesa e l’occhio del proiettore che ti osserva entrare – rende plastico ciò che di scultoreo non ha nulla. La nuvola e il video. I volumi si impressionano sulla retina, che diviene nuova pellicola, ne rimangono i contorni anche quando sullo schermo non ci sono già più. Ma torneranno, in loop. Fanno male gli occhi, ma non si riesce a smettere di guardare.
Marta Cereda
Milano // fino al 7 dicembre 2013
Diego Marcon – Pour vos beaux yeux
GASCONADE
Piazzale Lavater 2
[email protected]
www.gasconade.it
![1 Marcon A me gli occhi. Diego Marcon da Gasconade](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2013/11/1_Marcon.jpg)
![2 Marcon A me gli occhi. Diego Marcon da Gasconade](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2013/11/2_Marcon.jpg)
![3 Marcon A me gli occhi. Diego Marcon da Gasconade](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2013/11/3_Marcon.jpg)
![4 Marcon A me gli occhi. Diego Marcon da Gasconade](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2013/11/4_Marcon.jpg)
![5 Marcon A me gli occhi. Diego Marcon da Gasconade](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2013/11/5_Marcon.jpg)
![6 Marcon A me gli occhi. Diego Marcon da Gasconade](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2013/11/6_Marcon.jpg)
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