La monografica partenopea dedicata ad Achille Perilli (Roma, 1927) è presentata in pompa magna, con tanto di vernissage a doppio step (prima nell’Appartamento Storico di Palazzo Reale a piazza del Plebiscito, poi nella galleria AICA di Andrea Ingenito a piazza dei Martiri), e di introduzione a cura del Soprintendente per i Beni Architettonici di Napoli Giorgio Cozzolino. Del resto l’evento è di tutto rispetto: l’artista, più volte presente alla Biennale di Venezia (si ricorda in particolare quella “polemica” del 1968), è stato fondatore con Accardi, Attardi, Consagra, Sanfilippo e Turcato dello storico gruppo di ispirazione marxista Forma 1.
Il maestro romano, alla soglia dei novant’anni, lavora con la medesima intensità di un tempo, e il segreto di quest’elisir di giovinezza creativa pare essere, come egli stesso afferma nella videointervista che accompagna la mostra (curata dalla giornalista Livia Iervolino e dal videomaker Pasquale Napolitano), nella “costanza” di sentire sempre nuovo il proprio lavoro: “sto nel mondo, quindi sono attuale”.
L’esposizione è organizzata in modo antologico negli spazi dell’AICA, dove sono presentate, attraverso un excursus che va dal 1947 a oggi, le opere pittoriche, e in modo romantico nell’ambulacro del Palazzo Reale, dove è in mostra il gruppo di sculture in terracotta policroma della serie Tegole pompeiane, realizzato a partire dal 1996 in omaggio alle insulae pompeiane. La selezione delle opere, sottolinea il curatore Andrea Ingenito, ”ha voluto favorire un dialogo tra la riflessione sullo spazio, espressa nelle tele, e quella sul tempo, espressa nelle sculture”. Tra i lavori esposti saltano all’occhio: l’unico olio su tela, Il calore dell’ombra, del 1956 (da questa data in poi Perilli lavorerà solo con tecnica mista) e Sorgente di luce del 2013, dove dello studio sulla percezione è oramai esaltato principalmente il valore tridimensionale, secondo un processo creativo avviato a partire dagli anni Novanta.
Intervenuta anche la figlia dell’artista, Nadja, che racconta di un amore atavico nutrito dal padre per Las meninas. È a questo punto che l’invisibile, teorizzato a tutto spiano dai presenti, si dipana in modo esplosivo: come nel capolavoro di Velázquez, nelle opere di Perilli il primo attore è il “dubbio percettivo”. Fausto Melotti sul lavoro del maestro romano scriveva nel 1998: “Il meccanismo di percezione è dato con il massimo margine di ambiguità possibile, consentendo la più ampia trasmissione di messaggi”. È bene allora attrezzarsi degli occhi sempre nuovi dell’ottuagenario maestro per vivere un mondo dove passeggiando per spazi invisibili sarà possibile attraversare luci e colori.
Luigi Rondinella
Napoli // fino al 7 dicembre 2013
Achille Perilli – Dei modi del dipingere l’invisibile
a cura di Patrizia Di Maggio e Andrea Ingenito
PALAZZO REALE
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AICA
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