Adrian Paci al PAC. Raccontando sogni di mare
PAC, Milano - fino al 6 gennaio 2014. Non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume, sosteneva il filosofo Eraclito. Eppure la precarietà delle cose e la necessità dei mutamenti sono temi ancora oggi molto sentiti. Ne sa qualcosa Adrian Paci, in mostra a Milano.
Più che a una mostra d’arte, sembra di visitare una rassegna di antropologia. Con un lavoro quasi da scienziato, Adrian Paci (Scutari, 1969) colleziona e documenta le vicende di un’umanità fragile, alle prese con i problemi dell’esilio forzato e delle migrazioni per mare, sospesa fra il doversi arrabattare per soddisfare i propri bisogni primari e la sconfortante consapevolezza, per dirla alla De André, della propria distanza dalle stelle.
Edulcorate dalla poesia, le storie sue e dei suoi connazionali albanesi cambiano registro perdendo tragicità in favore di un’ironia amara, riversata magnificamente in cortometraggi formalmente accurati e impreziositi da una fotografia da cineteca. Potrebbero sembrare dei frammenti di un lavoro di Emir Kusturica, ma poi messi insieme questi piccoli film formano un catalogo per riconoscere il dolore, la paura ma anche la forza di un popolo costretto a lasciarsi la propria casa alle spalle. O addirittura sulle spalle, come giocosamente lo stesso Paci ci fece notare una dozzina di anni fa con la famosa scultura Home to go, una statua che ritraeva l’artista chino ed incerto per il carico pesante di un tetto di tegole adagiato sulla schiena.
Da allora Paci non ha perso altra strada e, mescolando il reale con il poetico, ha scelto di privilegiare nei suoi lavori metafore e chiavi di lettura immediate: è il caso del video The column, dove viene raccontata l’incredibile storia di un blocco di marmo estratto in Oriente e partito in viaggio verso chissà dove, trasformato da un quartetto di operai cinesi durante la navigazione in una vera e propria colonna corinzia, potente simbolo della cultura d’Occidente e dunque della trasformazione del mondo – ormai slegato dalle logiche da guerra fredda – in un mercato globale, indifferente verso le genti, guidato solo dal timone del profitto. La conclusione è la stessa anche per lo struggente Electric Blue, testimonianza filmata di un padre albanese di fine Novecento costretto a reinventarsi il lavoro di montatore video per cercare fortuna nella nascente industria del porno.
L’incertezza e lo spaesamento per un destino sempre da riconquistare è un tema importante e non viene taciuto nemmeno nei disegni e nei piccoli quadri disseminati in due sale del PAC, dove l’artista albanese tira fuori l’ex studente dell’Accademia di Belle Arti di Tirana e con grande padronanza e maestria ritrae uomini, donne, piante e animali a volte confondendone volutamente i tratti, quasi fossero immagini catturate da una lente sfocata. Altre volte ne evidenzia il vuoto interiore, sempre all’erta, in attesa di essere riempito da chissà quale futuro.
Max Mutarelli
Milano // fino al 6 gennaio 2014
Adrian Paci – Vite in transito
a cura di Paola Nicolin e Alessandro Rabottini
PAC
Via Palestro 14
02 88446359
[email protected]
www.pacmilano.it
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