Arcangelo. Alla ricerca della terra perduta
Marcorossi Artecontemporanea, Verona - fino al 22 dicembre 2013. Trent’anni fra carte, tele, cere, bronzi. Evocando qualcosa che tormenta in fondo all’anima. E che Arcangelo ha continuato a far generare e a far venire alla luce, come echi favolistici ed emblemi arcani.
Da sempre Arcangelo (Avellino, 1956) mette in scena immagini d’abbandono: esseri dell’ombra e nell’ombra, affioramenti di presenze in dissolvenza. Già dai primi lavori (quelli di Terra mia degli Anni Ottanta, da cui prende avvio la mostra), il suo è stato un letterale calarsi entro la materia e le sue energie, ma non per coglierne la pienezza, quanto l’indistinto, l’essere memoria e forma indefinitamente possibile, mutante. Non ha mai preteso di dipingere metafore o intelligenze narrative, di annotare geografie, ma solo di registrare stati di sensibilità, primavere visionarie del mondo. Neppure i viaggi in Africa o in Giappone hanno portato Arcangelo lontano. Sono nati i cicli delle Stanze dei Dogon, delle Stanze africane, delle Stanze dei misteri e i toni cupi dell’origine si sono fatti accaldati, ma le figure sono rimaste ombre spettrali, incubi febbrili. Forme senza forma, pitture praticate come inondazioni o roghi. E anche quando le dita dell’artista sono passate dall’idea del toccare e contaminare terre e colori a quella di concretare testine o bisce (in cera e in bronzo), al nostro sguardo si sono offerti solo relitti d’immagine, come se tempi antichissimi avessero spolpato ogni compiutezza. Ma è proprio così che Arcangelo ha colto il destino estetico allo stato primario, alludendo alla forma che ha toccato il suo apice e sta facendo ritorno alla materia. Al mitico Sannio.
Luigi Meneghelli
Verona // fino al 22 dicembre 2013
Arcangelo – Da terra mia. Opere 1983-2012
Catalogo Carlo Cambi
MARCOROSSI
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