Il percorso espositivo trova il suo contesto ideale negli spazi frutto della grandiosa ambizione di Hendrik Christian Andersen (Bergen, 1872 – Roma, 1940), scultore, pittore e urbanista che attribuiva all’arte monumentale una valenza edificante capace di apportare progresso nella società, anticipando le idee di noti urbanisti del XX secolo. Tale prospettiva utopistica trova riscontro nel registro di delicata sensibilità percettiva della Peill e in quello di affine identità scandinava della Koivisto. Attraverso diversi medium espressivi le artiste esplorano e riproducono le variegate sfumature di una realtà multiforme di difficile definizione, a cui guardare con uno sguardo aperto e versatile.
Claudia Peill (Genova, 1963) propone un’interessante sintesi tra fotografia e pittura, dove campiture cromatiche neutre e aniconiche sono accostate a dettagli sgranati desunti dalla sfera naturale e artificiale. La dialettica nitido/sfocato, fortemente giocata sull’aspetto retinico, svela anche un risvolto carico di un tratto vagamente poetico e di una sensibilità sottile ma pervasiva. La stesura per velature rimanda alla grande tradizione pittorica del passato, ma le tonalità smorzate richiamano i colori dell’universo tecnologico.
Interessanti anche i tre video site specific proiettati sulle pareti di un’ampia sala del vecchio studio di Andersen: il susseguirsi di immagini del repertorio formale antico è in perfetta consonanza con gli imponenti pezzi della collezione museale, dove il bagliore delle statue risente delle diverse luminosità video.
La ricerca di Kaisu Koivisto (Seinäjoki, 1962) ruota attorno al rapporto uomo-natura: l’artista impiega materiali di scarto conferendo loro dignità artistica. È il caso di Flood, opera realizzata con giacche di pelle usate: sulla superficie si stagliano alcuni elementi cuneiformi che fanno pensare alla rarefazione di certi paesaggi orientali. Il binomio sintetico-organico risulta predominante nelle installazioni in cui l’universo animale viene descritto con i materiali dell’uomo. Le fotografie di paesaggi raffigurano strutture dismesse in cui la natura si impossessa progressivamente degli spazi, con un effetto leggermente straniante che si colora di un fresco sapore immaginifico. Nella serie di scatti delle ex basi militari usate durante la Guerra Fredda, tracce di un passato doloroso si compenetrano con sfondi delicati e tersi.
Giulia Andioni
Roma // fino al 19 gennaio 2014
Intersezioni
a cura di Matilde Amaturo e Maria Giuseppina Di Monte
MUSEO ANDERSEN
Via Pasquale Stanislao Mancini 20
06 3219089
[email protected]
www.museoandersen.beniculturali.it
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