Da un lato c’è la Sammlung Goetz di Monaco; dall’altro il Museion di Bolzano e il Neues Museum di Norimberga. Capita così che i direttori dei due musei (rispettivamente Letizia Ragaglia e Angelika Nollert) coinvolgano collezionista (Ingvild Goetz) e curatore della collezione (Karsten Löckemann) per un’operazione che ha il pregio di posare uno sguardo fresco e inedito su una importante raccolta europea. E “scoprirne” un fil rouge minimale che la stessa collezionista non aveva considerato. Non che a Monaco non si siano accorti di possedere un importante nucleo di opere firmate dai protagonisti di quel “settore” dell’arte americana degli Anni Sessanta; no, l’operazione è semplice ma differente, ovvero mostrare come alcuni artisti contemporanei – certuni “insospettabili” – siano eredi di quelle riflessioni formali e concettuali. E se è vero che ogni erede, per rendere omaggio all’autore del lascito, ha il dovere di far fruttare l’eredità stessa, allora gli artisti qui considerati sono in grandissima parte ottimi prosecutori del Minimalismo, poiché adottano “modalità intellettuali dall’accento ludico” e dunque evitano l’epigonalità lavorando su “leggerezza, libertà e, non da ultimo, assenza di rigore”.
Il primo a rispondere a questa descrizione che smussa il calvinismo minimale delle origini è Gerwald Rockenschaub, artista che espone le proprie opere in questa mostra ma ne cura anche l’allestimento, “decorando” – che colpo al cuore per i suoi padri! – le sale dei due musei. E poi ci sono i suddetti insospettabili: Ai Weiwei con il Tea Cube (2007), un Dan Flavin da spiaggia nell’interpretazione di Martin Boyce, i leggerissimi parallelepipedi non-bronzei di Fischli and Weiss, il ritorno alla personalizzazione in Mona Hatoum, fino ad arrivare ai non-ready-made di Haim Steinbach e ai moduli abitabili di Andrea Zittel. Mentre per chi fosse colto da ortodossia, ci sono rifugi più o meno sicuri presso Daniel Buren, Alan Charlton, Peter Halley, per citarne alcuni.
La project room merita senz’altro una visita. Qui Diego Perrone (Asti, 1970), collaborando con Vetroricerca, presenta tre ritratti che, per giungere alla forma visibile allo spettatore – fusione a pasta di vetro – sono passati attraverso la fotografia, il disegno, la scultura in cera. Volti sfaccettati, s-figurati nella materia, deformi come le maschere dei servi astuti che titolano la brevissima personale. Uno sketch assai ben riuscito, la cui sedimentazione richiede tempi lunghi come la sua gestazione: e la ricezione ricapitola la produzione.
Marco Enrico Giacomelli
Bolzano // fino al 5 ottobre 2014
When Now is Minimal. Il lato sconosciuto della Sammlung Goetz
a cura di Karsten Löckemann, Angelika Nollert e Letizia Ragaglia
Catalogo Hatje Cantz
Bolzano // fino al 26 gennaio 2014
Diego Perrone – Il servo astuto
a cura di Frida Carazzato
MUSEION
Via Dante 6
0471 312448
[email protected]
www.museion.it
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati