L’isola di Dieter (e figli)

Hangar Bicocca, Milano - fino al 9 febbraio 2014. Per la prima mostra della nuova supervisione di Vicente Todolí, Björn Roth, con l'aiuto dei figli, espone i lavori del grande papà Dieter. Tre generazioni per una mostra più attuale che mai, in una lotta della memoria contro l'oblio.

Ci si può sedere e bere una birra o del vino all’Economy Bar. Tra il solito chiacchiericcio dei visitatori, spesso scettici sulla portata artistica di una birra, arte e vita si fondono come il cioccolato che, un po’ più in là, circonda i nani da giardino in Coquillen-Zwerge. Accanto, Solo Szenes, 131 monitor che riprendono una tranche de vie dell’artista, introduce da subito un’attitudine diaristica sugli attimi più stinti dell’esistenza quotidiana, tanto che Szeemann la definì “l’ultima grande autorappresentazione antieroica del nostro secolo”.
Pur avendo amici come Spoerri, Arnulf Rainer o Richard Hamilton, Dieter Roth (Hannover, 1930 – Basilea, 1998) non aderì mai a una corrente artistica precisa: le opere, infatti, si riempiono di sperimentalismi grafici, musicali, fotografici, performativi, perfettamente contestualizzati nell’arte del Novecento, ma che tagliano decenni e correnti come la scia di un meteorite.

L’allestimento, magistralmente pulito, aiuta – è vero – a mettere un po’ di ordine ma, andando al di là della prima impressione, si capisce che in questo universo artistico, fatto di esperimenti isolati ma interconnessi, il caos è solo apparente: ovunque regna una lotta archivistica contro il tempo, un’ordinata ossessione  della vita contro la morte, una necessità di riaffermare giorno per giorno la propria presenza. Si conserva ogni scontrino o pacco postale, il pavimento dove si cammina, i tappeti pasticciati dal nipote ancora bambino; persino le feci vengono giorno per giorno fotografate su bei piatti da cucina. E sembra di sentire nelle narici odori turpi come quelli delle valigie di formaggio abbandonate a imputridire davanti alla Eugenia Butler Gallery nel 1970, finché la polizia non chiuse la mostra. Oggi sono nel deserto, come le scorie radioattive, abbandonate chissà dove da Jim Butler.
La ricerca ossessiva di superare la morte e il tempo attraverso l’arte, la donchisciottesca lotta contro l’oblio, è fallimentare a livello individuale. Tuttavia, dallo sforzo di questo scontro estenuante deriva una potentissima carica aurale che permea la mostra; al di là della dimensione delle opere, la si percepisce anche tra le pieghe dei libri poggiati sugli scaffali, tra le matite ammonticchiate sui tavoli da lavoro.

Dieter Roth & Björn Roth - Islands - veduta della mostra presso HangarBicocca, Milano 2013 - photo Agostino Osio

Dieter Roth & Björn Roth – Islands – veduta della mostra presso HangarBicocca, Milano 2013 – photo Agostino Osio

Contro il consumarsi degli istanti della vita, forse l’uomo trova uno scampo nella trasmissione del sapere ai propri figli: l’eterna, malinconica battaglia del genere umano contro il tempo e la morte, persa nei destini individuali, vinta (?) nei destini dell’umanità.

Giulio Dalvit

Milano // fino al 9 febbraio 2014
Dieter Roth & Björn Roth – Islands
HANGARBICOCCA
Via Chiese 2
02 66111573
[email protected]
www.hangarbicocca.org

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Giulio Dalvit

Giulio Dalvit

Nato nel 1991 a Milano, ha studiato Lettere e si è laureato in Storia dell’arte moderna alla Statale di Milano. Ha collaborato anche con alcuni artisti alla realizzazione di mostre milanesi tra Palazzo Reale, il Museo del 900 e Palazzo…

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