Per Massimo Minini sono quaranta. Con una dedica a Gabriele Basilico
Milano, Triennale – fino al 2 febbraio 2014. Si apre con la dedica al compianto fotografo la mostra dedicata a Massimo Minini per i suoi “Quarantanni d’artecontemporanea”. E, fra gli amici-artisti chiamati a raccolta, spicca un Buren trasformato in Piero della Francesca.
Quarant’anni di arte, di amicizia, di vita, di amore e dedizione al proprio “mestiere” sono raccontati come sottotesto di una mostra disomogenea e un po’ ostica, ma autentica, proprio com’è lui. Un’autobiografia in opere quella allestita da Massimo Minini al Palazzo dell’Arte, che si intreccia anche con l’architettura di Giovanni Muzio.
Racconta molto dell’autore il fatto che siano mostrati non necessariamente capolavori per ogni singolo artista – a testimonianza del percorso fin qui fatto insieme – ma la migliore scelta fra quelli presenti in collezione personale e deposito della galleria, mescolati così intelligentemente da lasciare alla libera interpretazione a quale sottogruppo appartengano.
Il risultato è una mostra che sembra un libro illustrato per addetti ai lavori, composto da testi e immagini: la parte scritta sono i suoi ormai celebri Pizzini – ovvero paragrafi dedicati ai suoi amici artisti – e le illustrazioni sono le opere in mostra, caratterizzata da una serie di sottigliezze notevoli, ma godibile a pieno solo se già si sa di cosa si sta parlando.
Come la scala elicoidale di Muzio, reinterpretata dal pattern di colori sulla vetrata di Daniel Buren, così azzeccati da sembrare esser stati lì da sempre. Perdendosi nel caleidoscopio cromatico che l’installazione dell’artista francese crea, si scorge lassù in alto un uovo che pende al centro della cupola di copertura. È di alabastro ed è stato messo lì non dall’artista ma dal gallerista stesso, a chiara citazione della Pala di Brera di Piero della Francesca.
Anche Anish Kapoor si è donato con un’opera nuova: un fantasma, Ghost appunto, che appare all’interno di un volume cilindrico ponendosi ad una certa distanza. Ma guai a superarla: si perde tutta la poesia. Queste e altre scoperte, come una piccola foto di Luigi Ontani in posa da David michelangiolesco messa a tre metri d’altezza, quasi che così possano dare meno fastidio le pudenda in bella vista dell’artista, sono riservate a una visita attenta della mostra. Mentre a una visita superficiale lo spaesamento accompagna il visitatore.
La mancanza di didascalie e l’alta concentrazione di opere, presentate secondo la libera associazione del gallerista, fanno sì che alcuni passaggi siano assolutamente godibili e altri molto difficili da cogliere. Forse è per questo, e per l’amore che nutre per ciò che fa, che Massimo Minini ha organizzato il finissage con la sua presenza per tutto il giorno e il convegno Arte e Architettura a margine della mostra.
Giovanna Procaccini
Milano // fino al 2 febbraio 2014
Quarantanni d’artecontemporanea. Massimo Minini 1973-2013
TRIENNALE DI MILANO
Viale Alemagna 6
02 724341
www.triennale.it
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