Roma in tasca. In mostra al Prado
Una delle prime forme di “residenza d’artista” della storia: nel Settecento il giovanissimo Goya con altri artisti spagnoli giungono a Roma per studiare i classici e i maestri del Rinascimento. Il risultato sono una serie di taccuini di disegni, che fino al 19 gennaio il Prado raccoglie in una piccola e raffinata mostra.
Genova, Roma, Venezia, ma anche località inaspettate, Macerata, Narni, Civita Castellana, Tolentino, Recanati, ancora Macerata… “Secondo i più maliziosi, le località che tornano più volte sono quelle dove l’artista aveva un’amante”, sorride José Manuel Matilla, direttore del Dipartimento di Stampe e Disegni del Museo del Prado, a Madrid. L’artista in questione è Francisco de Goya, e quello che ci scorre davanti – appuntato su una pagina di un taccuino – è l’interessantissimo elenco delle località da lui visitate durante il soggiorno italiano, fra il 1771 e il 1772. Una delle prime forme della storia di “residenza d’artista”: nella seconda metà del Settecento la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando inviava infatti giovani artisti come pensionati a Roma – allora ancora fulcro mondiale dell’arte – allo scopo di perfezionare la formazione artistica. Durante il soggiorno, gli studenti si esercitavano copiando opere dell’antichità classica e dei maestri del Rinascimento e del Barocco, e frequentando l’Accademia del Nudo in Campidoglio.
Piccoli disegni, schizzi, appunti di particolari scultorei, che spesso finivano nei taccuini, più agevoli da portarsi dietro nei giri per la Città Eterna: che poi si riempivano anche di ritratti di altri artisti, di scene di vita quotidiana, di annotazioni pratiche. E proprio questi quaderni danno lo spunto al Prado per questa piccola ma raffinatissima mostra, titolo Roma en el bolsillo. Cuadernos de dibujo y aprendizaje artístico en el siglo XVIII. Roma in tasca: in quelle di Goya, abbiamo visto, ma anche di altri giovani creativi, da Mariano Salvador Maella a José del Castillo. “I taccuini poi servivano ai pensionati anche come una sorta di tesi di laurea: venivano inviati all’Accademia, a testimonianza, con i responsabili spagnoli, dei progressi avuti e del proprio impegno negli studi”, precisa Matilla, che è anche curatore della mostra. Annotazioni dedicate a opere scelte come possibile punto di riferimento nel loro lavoro futuro, oggi preziosa fonte di informazioni per capire certi equilibri – trend, diremmo – nel contesto artistico del tempo. Ecco allora del Castillo irretito dall’Estasi di Santa Teresa del Bernini, Maella impegnato con un viso di giovane inequivocabilmente caravaggesco, per poi farsi rapire da una figura di uomo dall’Incendio del borgo di Raffaello. Ma i valori assoluti, che poi la storia provvederà a canonizzare, sono già stabiliti: sulla meticolosità accademica dei giovani colleghi, svetta la libertà di segno e la personalità già decisa di Goya, con pagine di una modernità tale che potrebbero tranquillamente essere uscite dalla penna di Picasso.
Problema: come esporre adeguatamente un taccuino? Impossibile mostrare più delle due pagine che si scelgono di aprire – a Madrid l’allestimento è di grande suggestione, con i quaderni che paiono flottare nel buio della sala -, il soccorso viene dalla tecnologia: al visitatore viene consegnato all’ingresso un tablet che permette di “sfogliare” ogni taccuino – si vede nel video -, con riproduzioni ad alta definizione e grande facilità di uso.
Oltre ai sei taccuini originali spagnoli, e ad altre opere “romane” realizzate su fogli singoli, esposte alle pareti, la mostra sceglie poi di approfondire il tema del quaderno, molto diffuso all’epoca, presentandone altri 23 provenienti da varie istituzioni spagnole e internazionali. E qui non mancano curiosità e aneddoti: quattro provengono dall’Italia, dell’artista perugino Carlo Spiridione Mariotti, uno stakanovista del genere, che ha lasciato oltre settanta taccuini, tutti conservati dalla Regione Umbria. “Quando li abbiamo contattati per chiedere il prestito di un quaderno, i responsabili sono rimasti sorpresi che ne chiedessimo soltanto uno: sono stati loro a insistere per mandarcene quattro”, ricorda il curatore. Poi altri grandi nomi, come Joshua Reynolds, o come Angelika Kauffmann: “Una delle prime donne ad affermarsi come artista”, commenta José Manuel Matilla. “E qualche taccuino racconta delle situazioni imbarazzanti che si vennero a creare alla scuola del nudo, con i modelli maschili. Pare infatti che lei li ritraesse sempre di spalle…”.
Massimo Mattioli
Madrid // fino al 19 gennaio 2014
Roma en el bolsillo. Cuadernos de dibujo y aprendizaje artístico en el siglo XVIII
a cura di José Manuel Matilla
MUSEO DEL PRADO
Calle Ruiz de Alarcón, 23
www.museodelprado.es
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