Giovanni Frangi e una certa idea del paesaggio
Galleria Ferrarin, Legnago - fino al 4 aprile 2014. Più di trenta quadri e quattro proiezioni. Per cogliere orizzonti eccessivi, illimitati, impossibili. La pittura di Giovanni Frangi guarda al mondo, ma per cogliere ciò che vi sta dietro: ossia i luoghi della memoria, le prospettive del cuore.
“Mentre si dipinge un quadro, contemporaneamente lo si distrugge”. Così afferma in un’intervista Giovanni Frangi (Milano, 1959). E dire che parte dalla foto, per avere una conoscenza oggettiva della realtà. Poi però non si accontenta del puro dato documentario e, come il fotografo di Blow up, cerca di ingrandire l’immagine, ma finisce per ingrandire solo un senso di lontananza e di perdita. Le tele risultano così puri desideri d’orizzonte, accampamenti possibili dentro l’infinito. Sono vastità continuamente contraddette e sporcate da un gesto che non intende mettere a fuoco un paesaggio, ma una visione “a perdita d’occhio”. Ne vengono continuamente agganci cromatici, ormeggi instabili, ultime luci. In questa mostra (dal titolo River) i dipinti tentano addirittura di uscire dai confini della tela, accentuando il senso della loro impermanenza. È l’idea dell’acqua che si rialza e si ritira, l’eco di litorali che furono, apparvero e disparvero. È soprattutto il senso del transito che si impone, è il mutare dei luoghi come fossero visti dal finestrino di un treno: semplici residui di un passare, di un passato. Mentre quattro maxiproiezioni fanno scorrere in una sequenza lentissima i particolari di alcuni quadri: un flusso ipnotico, dove Frangi pare perfino “dipingere senza pennello”.
Luigi Meneghelli
Legnago // fino al 4 aprile 2014
Giovanni Frangi – River. Esperimento domestico
testo critico di Marta Cereda
FERRARIN ARTE
Via De Massari 10
0442 600330
[email protected]
www.ferrarinarte.it
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