Il firmamento secondo David Bailey
National Portrait Gallery, Londra - fino al 1° giugno 2014. Stardust. Polvere di stelle. E di stelle che brillano sulle pareti della National Portrait Gallery ce ne sono oltre duecentocinquanta: da Kate Moss, che ci accoglie all’ingresso, a Michel Caine, David Bowie e Damien Hirst. Attori, scrittori, musicisti, registi, icone della moda e dello stile, artisti e altri fotografi, oltre a persone incontrate nei suoi viaggi. Sono i ritratti di David Royston Bailey.
Catapultato nel mondo delle stelle negli anni Sessanta quando approda a British Vogue, David Royston Bailey (Londra, 1938) fatica a staccarsi di dosso l’etichetta di fotografo della Swinging London. Un’immagine amata/odiata quella del mondo della moda e che ha ispirato il personaggio interpretato da David Hemmings nel celeberrimo Blow-Up (1966) di Michelangelo Antonioni. Un’immagine che tuttavia proprio Bailey stesso ha contribuito a creare con il suo Box of Pin-Ups (1965): trentasei stampe formato poster di personaggi famosi dell’epoca che includono nomi come Andy Warhol, Cecil Beaton, Rudolf Nureyev, Jean Shrimpton, oltre ad un giovanissimo Mick Jagger immortalato all’inizio della sua carriera avvolto in un cappuccio di pelliccia. Fotografati sotto una luce tagliente contro uno sfondo bianco, senza trucchi e con pochi oggetti di scena, emanano carisma all’ennesima potenza.
Lo stesso carisma che si ritrova nelle immagini di Black and White Icons. Dai Queen agli U2, da Bob Geldof a Meryl Streep: in questa carrellata di facce famose non manca davvero nessuno, neanche lo stesso Bailey, di cui ci sono diversi ritratti. Tra gli scatti più riusciti, quelli che ritraggono un rilassato Johnny Deep o un sorridente Jack Nicholson, attori che Bailey ammira in modo particolare e a cui è legato da una lunga amicizia.
Ma c’è di più oltre a Bailey fotografo delle stelle e la National Portrait Gallery è ansiosa di dimostrarlo. Per questo gli ha dato libertà assoluta di scegliere e di allestire le sue foto come preferisce. E Bailey ha scelto un approccio tematico piuttosto che cronologico, raggruppando le sue immagini in diciannove categorie suddivise per tema, epoca o formato. Immagini di grandi come poster o piccole come cartoline illuminano di vita le pareti bianche dello spazio principale della galleria londinese che per l’occasione ha concesso a Bailey tutto il primo piano, rimuovendo le opere della collezione permanente. E e se spesso questo allestimento tematico è confuso, quando funziona provvede un’altalena di emozioni del tutto inaspettata. Come quando passa dal patinato mondo dei Rolling Stones e di Vivienne Westwood alle immagini dei reportage di viaggi in Australia e Papua Nova Guinea, da Delhi alla moglie Catherine Bailey, o da Maurizio Cattelan impegnato a fare le boccacce alle immagini scattate in Sudan come inviato del Live Aid nel 1985, queste ultime in particolare, un brusco richiamo alla realtà.
Nato a Leytostone e cresciuto a East Ham, un sobborgo della zona Est di Londra, Bailey è sempre stato fiero delle sue origini cockney, come sono tradizionalmente chiamate le cassi proletarie di quella parte della capitale. Non sorprende pertanto che una sezione della mostra sia dedicata a foto dell’East End. Alcune, in bianco e nero scattate tra 1961 e il 1962 tra Bethnal Green, Shadwell, Brick Lane e Whitechapel, mostrano un paesaggio ancora devastato dalla guerra. Altre, fatte per il Sunday Times Magazine e pubblicate nel 1968 con il titolo East End Faces e scattate in pub, club, palestre e bar, sono affettuose testimonianze di una scena sociale ormai perduta.
Perché questo è il mondo da cui viene Bailey: un mondo ormai scomparso, inghiottito da una gentrificazione che ha scacciato i vecchi abitanti e sta distruggendo l’identità culturale di quella parte di Londra. Sono immagini che bruciano di vita e di nostalgia: forse le sole veramente personali di tutta la mostra. Al loro confronto, le elegantissime nature morte con teschi e fiori della parete accanto – una meditazione sulla vita e la morte – mancano di spessore emotivo. Ma anche questo è un altro aspetto dell’insaziabile curiosità con cui Bailey da sempre ha guardato il mondo che lo circonda e le persone che lo popolano. Perché, come dice lui, “bisogna guardare molto prima di riuscire a vedere lo straordinario.” E a 76 anni suonati certamente lui c’è riuscito.
Paola Cacciari
Londra // fino al 1° giugno 2014
Bailey Stardust
NATIONAL PORTRAIT GALLERY
St Martin’s Place
+44 (0)20 73122463
www.npg.org.uk
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati