Alla scoperta del Salvator Rosa incisore

Istituto nazionale per la Grafica, Roma - fino al 29 giugno 2014. Poco meno di cento acqueforti, varie matrici e tre disegni, ma anche volumi, lettere e documenti autografi di un artista dal genio autentico oltre che sensibilissimo. Questi gli ingredienti della prima grande mostra monografica dedicata ad un aspetto poco noto di Salvator Rosa, talentuoso pittore partenopeo.

In quelle, come in tutte le sue opere palesasi il valore del suo bel genio, il furore del suo spirito sollevato e la prontezza della sua mano ardita, mostrando capriccio nell’invenzione, stravaganza negli abiti e nei costumi delle figure, e maniera disciolta e risoluta nello sfrondeggiare degli alberi”. Con queste parole, di grande acume, oltre che di grande attualità, un critico secentesco descrive la grande padronanza e perizia tecnica che Salvator Rosa (Napoli, 1615-1673) mostra di possedere anche nell’opera grafica, rivelandosi così un artista davvero completo, che spazia dalla pittura, alla scrittura (Satire e lettere), fino all’arte incisoria. Rosa si muove in un contesto di grande fermento sperimentale, in cui gli accenti fantastici e bizzarri del Barocco locale si fondono con gli apporti originali e talvolta stravaganti di incisori esteri, soprattutto fiamminghi, attivi in Italia. Nella Napoli di allora le stampe di diversa provenienza e di orientamento stilistico anche piuttosto vario conoscono una larga diffusione (circolavano, ad esempio, quelle dell’olandese François de Nommé e, su tutti, del lorenese Jacques Callot). Le opere in mostra rivelano un’estrosa libertà inventiva e una vibrante sensibilità che, per certi versi, fanno del Rosa un lontano precursore del Romanticismo. L’elemento tattile emerge in ogni tratto con una maestria evidente anche nella resa dei moti dei volti, della misurata espressività complessiva e dei dettagli. Negli sfondi di alcune acqueforti, si intravedono frammenti di rovine architettoniche, come in Democrito (acquaforte, con incisioni a puntasecca), secondo il tipico gusto del capriccio di quel tempo: composizioni inconsuete di rovine che fanno da quinta prospettica, tra alberi frondosi, creando un’ambientazione digradante e sottilmente visionaria. Nella sicurezza dei tratti del Rosa grafico, torna alla mente la grande lezione di Polidoro da Caravaggio (l’allievo di Raffaello fuggito al meridione dopo il sacco di Roma) che si rivela essere un solido precedente a cui si rifà l’estro personale e molto connotato del Rosa. Altro confronto interessante è quello con Stefano della Bella, importante incisore fiorentino che trae a sua volta ispirazione dalla grafica callottiana, arrivando ad effetti di un pregevole pittoricismo. La vastità dei suoi paesaggi rievoca le stampe tratte dalle opere del cinquecentesco Girolamo Muziano. Affascinanti gli effetti dei tre disegni a sanguigna (Nello studio di Apelle, Il Genio di Salvator Rosa, e La Caduta dei giganti), tutti di una consistenza pastosa, leggermente sgranata, oltre che estremamente rifiniti. Echeggia perfino qualcosa di manieristico nell’accentuata torsione dei corpi dei titani visti di scorcio. Ai ritocchi l’artista dedica una cura notevolissima, impiegando la puntasecca e il brunitoio con cui ottiene quel tipico effetto vellutato e sfumato ravvisabile in tutte le opere in mostra.

Giulia Andioni

Roma // fino al 29 giugno 2014
Rosa rame
ISTITUTO NAZIONALE PER LA GRAFICA
Via della Stamperia 6
06 699801
[email protected]
www.grafica.beniculturali.it

 

 

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Giulia Andioni

Giulia Andioni

Giulia Andioni (Roma, 1985) è storica dell’arte e guida turistica di Roma e provincia. Dopo la maturità classica, consegue la laurea triennale in Storia e conservazione del patrimonio artistico (con lode - tesi in Storia e tecnica del restauro) e…

Scopri di più