Sophie Calle: tutto su mia madre
Episcopal Church of the Heavenly Rest, New York – fino al 25 giugno 2014. Ultima tappa del lungo progetto che Sophie Calle dedica alla figura di sua madre, iniziato a Venezia nel 2007. Stavolta, a fare da scenario c’è una piccola chiesa, con la sua atmosfera e i suoi oggetti liturgici.
Per gli appassionati di Sophie Calle (Parigi, 1953), la mostra nella piccola cappella della Episcopal Church of the Heavenly Rest, a due passi dal Guggenheim, è una tappa obbligata. L’installazione era stata annunciata dall’artista con una lecture all’ICP – International Center of Photography ed è il proseguimento di Absense, ospitata dalla Paula Cooper Gallery in ottobre.
Rachel, Monique è l’ultima riflessione dell’artista sul tema della perdita materna. Questo progetto nasce dalla tarda constatazione di non aver mai realizzato un’opera sulla madre, che, mancata nel 2006, diventa il tema centrale di continue rielaborazioni sul tema del distacco.
Il progetto, mostrato alla Biennale di Venezia nel 2007 per la prima volta, qui a New York viene accolto in un luogo sacro. Nella piccola cappella laterale della chiesa Sophie Calle ricorda sua madre attraverso una quindicina di lavori che riutilizzano molti degli arredi liturgici: lapidi, leggii, cuscinetti per inginocchiarsi, stalli del coro. Un trittico fotografico, I’m getting bored already! (2010),riproduce la pietra tombale che si trova al cimitero di Montparnasse: un capolavoro di ironia letteraria e visiva. Colpisce di questa installazione l’omogeneità dell’insieme. L’equilibrio tra testo e immagine, che da sempre caratterizza i lavori di Sophie Calle, a New York si intreccia fortemente con l’identità del luogo. Molti elementi liturgici della chiesa sono riutilizzati per l’allestimento delle opere: gli stalli del coro, a fianco dell’altare, sono il luogo d’ascolto per i sedici minuti estratti dai diari della madre e letti da Kim Cattrall, la famosa Samantha Jones di Sex and The City, attrice che la madre dell’artista ammirava.
Il tema della perdita materna si sviluppa così nel tempo: dalle prime esposizioni in ambienti essenziali e vuoti, siamo ora in un luogo in cui le opere della Calle si relazionano con il preesistente. Persino l’elemento ornamentale in oro del giglio fiorentino, che decora le pareti della cappella, diventa parte visiva del video Couldn’t Capture Death (2006) e della parola Souci (2013), realizzata con le farfalle sulla parete laterale destra.
La parola Souci ricorre numerose volte in ogni progetto: è al centro di molte opere poichè è l’ultima parola pronunciata dalla madre. In questo progetto Souci è motivo decorativo, fulcro religioso e luminoso, testo da contemplare.
Gran parte delle rimanenti opere sono realizzate con il mezzo fotografico. Alcune stampe al carbone, utilizzate recentemente per le loro qualità estetiche, sono appropriazioni di monumenti funerari, come Les mains (2013) e il bellissimo trittico Gênes (2013). Le altre foto riproducono incisioni di tombe, pietre con la parola “Madre”, o foto personali utilizzate con testi e brani musicali.
È inoltre disponibile il sofisticato libro dell’artista Rachel, Monique, edito e ideato nel 2012 con l’editore parigino Xavier Barral. La preziosa edizione riproduce parte dei diari intimi scritti dalla madre e sembra un album fotografico familiare. Il libro documenta anche il video Couldn’t Capture Death, presentato al Palais de Tokyo (2010) e ad Avignone (2012).
Sophie Calle continua ad avvicinarci al suo modo di sentire attraverso una spiccata capacità di rielaborazione, raccontandoci poeticamente e con ironia la storia di un’assenza.
Francesca Teodori
New York // fino al 25 giugno 2014
Sophie Calle – Rachel, Monique
EPISCOPAL CHURCH OF THE HEAVENLY REST
2 East 90th Street & Fifth Avenue
in collaborazione con Paula Cooper Gallery e Galerie Perrotin
www.heavenlyrest.org
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