Discostandosi esteticamente e concettualmente dai progetti precedenti, in quest’ultima serie Tunga (Palmares, 1952) abbandona la tetra teatralità che caratterizza le sue mastodontiche installazioni per abbracciare una sperimentale luminosità nei colori e materiali utilizzati.
“Cercavo il mistero nell’oscurità, quando ho scoperto che c’è molto più mistero nella luce”: così commenta le nove sculture e serie di disegni che compongono il suo ultimo solo show newyorchese.
E la luce è protagonista nello spazio espositivo, riflettendosi sugli alabastri e sulle forme surrealisticamente antropomorfe che caratterizzano i suoi lavori. Atemporalmente, o sovratemporalmente, le opere dialogano fra loro creando un insieme organico che pare quasi respirare. La connessione fra gli abissi marini, la terra e la sfera celeste si manifesta nei materiali utilizzati – da spugne e perle a bronzo e terracotta – e nella concreta struttura dell’opera, sviluppata su tripodi così da ricreare una sorta di microcosmo a sé stante. Muovendosi in questo ordinato universo parallelo, si viene colti da curiosità e fascinazione e per la forza delicata dell’opera e per gli infiniti dettagli nascosti, come un piccolo cupido collocato all’interno di una delle sculture.
Attraverso il contrasto tra la forte matericità delle sculture e la diafana delicatezza dei disegni, creati da un’unica linea che compone un intreccio di volti e parti del corpo, Tunga sfuma ogni riferimento diretto a una singola poetica o estetica, mischiando magistralmente in questa sorta di resurrezione stilistica neo-costruttivismo brasiliano dei tardi Anni Sessanta con un concettualismo alla Beuys e un tocco di Hans Bellmer. Parte della generazione di artisti contemporanei brasiliani che, seguendo le orme di pionieri come Hélio Oiticica e Lygia Clark, continua a richiamare attenzione sul panorama contemporaneo internazionale, l’artista pare aver scelto un momento estremamente fortunato per reinventarsi.
Una più matura consapevolezza artistica traspare da queste nuove sculture, nonostante nel concreto vogliano rappresentare un ritorno all’origine, alla forma pura, allo studio del subconscio freudiano e surrealista e dell’alchimia medievale. La sensualità fisica delle sculture tentacolari, composte da dita e parti del corpo che si prestano a diverse letture e interpretazioni, le levigate superfici delle sfere celesti che sormontano le sculture, il contrasto fra i rosa e i celesti pastello delle varie componenti dell’opera e la linea nera tracciata dai tripodi, creano una composizione poetica che racconta un mondo in uno sguardo. L’artista si riferisce spesso alle sue opere infatti più come opere letterarie che prettamente artistiche, investendo il suo linguaggio visivo di un forte dinamismo narrativo.
D’altronde, fin dal suo debutto nel 1974 al Museo di Arte Moderna di Rio de Janeiro con la mostra Museo da Masturbação Infantil, Tunga si è affermato come uno dei più influenti e controversi artisti brasiliani contemporanei. Nel suo lavoro narrativa ed estetica s’intrecciano creando un ensemble visivamente dirompente e pregno di complessi riferimenti letterari ad autori come Arthur Rimbaud, Lautréamont ed Edgar Allan Poe.
Ludovica Capobianco
New York // fino al 31 maggio 2014
Tunga – From “La Voie Humide”
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