Allestita per la prima volta nel luglio 2009 al Mori Art Museum di Tokyo, la mostra di Ai Weiwei (Beijing, 1957) è ora ospitata ora al Brooklyn Museum; mostra che prende il titolo dall’opera omonima di Jasper Johns According to What? (1964), autore che Ai Weiwei ebbe l’occasione di conoscere e frequentare durante il suo soggiorno americano.
L’esposizione raccoglie in modo organico parte dei suoi lavori, dividendoli in tre periodi fondamentali, che descrivono anche geograficamente la parabola e l’evoluzione delle sue opere: Xinjiang, New York, Pechino. Artista concettuale di spessore, deve la sua formazione a una famiglia intellettuale (il padre, noto poeta, fu più volte perseguitato ed esiliato dalla polizia cinese, oltre che costretto ai lavori forzati) e dagli anni americani, anzi newyorchesi.
Poliedrico – è insieme fotografo, film maker, architetto, designer – è noto per il suo attivismo politico contro il potere centrale e per il suo interrogarsi continuamente sull’esistenza umana e il suo significato odierno. Considerato un vero “uomo del Rinascimento”, per questo suo interesse nelle arti visuali allargate e per la sua ripresa di lavorazioni artigiane tradizionali, si serve oggi della tecnologia e dei social per ampliare il suo pubblico e per dar voce a chi sembra essere stato dimenticato.
Esposti in mostra ci sono infatti serie di fotografie in bianco e nero, elementi d’arredo smontati e ri-assemblati, bellissimi oggetti in legno o marmo, istallazioni video, ready made duchampiani. Venuto alla ribalta per la collaborazione con Herzog & De Meuron per la creazione dello stadio The Nest, realizzato a Pechino per le Olimpiadi del 2008 – in cui, oltre alla sfera prettamente creativa, Ai Weiwei denunciò anche le condizioni dei lavoratori cinesi coinvolti – fu con il suo interessamento nel terribile terremoto del Sichuan dello stesso anno a cambiare definitivamente rotta. Da allora ha di molto ridotto il suo interessamento nei progetti architettonici per intensificare gli sforzi come attivista per i diritti umani: dopo una detenzione di 81 giorni, nel 2011 gli è stato tolto il passaporto, con il divieto di lasciare la Cina. Provocatorio nonostante tutto, non ha mai smesso di far sentire la propria voce, puntando il dito su concetti quali la reale libertà di espressione – spesso negata – o il peso della tradizione e del valore dell’arte nella società.
Ecco perché oggi questa mostra, qui a New York, è ancora più importante: perché riesce a dimostrare che l’opera d’arte è universale, che può parlare a tutti coloro abbiano orecchie per sentire e occhi per guardare, travalicando confini, etnie, religioni.
Giulia Mura
New York // fino al 10 agosto 2014
Ai Weiwei – According to What?
a cura di Mami Kataoka
BROOKLYN MUSEUM
200 Eastern Parkway
+1 (0)718 6385000
[email protected]
www.brooklynmuseum.org
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