I cicli della vita: Pascale Marthine Tayou e Kiki Smith da Continua
Galleria Continua, San Gimignano - fino al 30 agosto 2014. Due intense personali abitano gli spazi della galleria toscana. Gli oggetti riciclati e reinventati di Pascale Marthine Tayou e le storie toccanti di Kiki Smith.
L’odore di paglia è fortissimo visitando la Galleria Continua in questi giorni; è un intenso richiamo alle origini che svanisce solo uscendo all’aria aperta nella ridente campagna toscana d’inizio estate. L’odore emana subito dalla fitta quadreria che si trova all’ingresso, dove brandelli di abiti vecchi sono cuciti assieme senza un vero accordo cromatico. Si direbbe che è Arte Povera, ma nel senso che è fatta di riciclo, abitudine ben consolidata in Pascale Marthine Tayou (Nkongsamba, 1966). Artista affermato, nativo del Camerun e residente in Belgio, Tayou non appartiene di fatto né all’Africa né all’Europa. Vive in una sorta di ponte interculturale in continua evoluzione, e abita, come molti di coloro che sono a sangue misto, una zona di frontiera, zona franca e nomadica, aperta fra le maglie del nostro secolo.
L’uso del riciclo è un appello, un grido d’allarme in tempi di consumi eccessivi come il nostro, l’urlo di un pianeta surriscaldato, abusato, violentato. Le opere insieme configurano un paesaggio urbano africano di bidonville della miseria, un quadro coerente che nasce da legni bruciati e ammassati, code di cavallo, selle, tessuti ma anche cartoline, e tanti, tantissimi sacchetti di plastica colorati che nessuno potrà mai smaltire. La descrizione sfrutta la tecnica retorica della metonimia, cioè si costruisce per pezzi prelevati assemblati e presentati al pubblico, e chiaramente è frutto di una scelta consapevole da parte del nostro.
Piacevolissimo Plastic tree C, in cui tornano i grandi tronchi d’albero rivestiti di sacchetti variopinti, con effetto di leggerezza, vivacità, fantasia. Sgorga così la purezza di un’immaginazione incorrotta, naturale, semplice, eppure visibilmente elaborata sotto il filtro di una consapevolezza maggiore, e riformulata nel gergo del linguaggio artistico internazionale della tarda modernità. I feticci narrano storie e miti di un continente africano vissuto, per cui la vicenda personale, forse la materia prima più autentica e vera nel lavoro artistico, viene anche qui trasformata, resa intensa e universale, e affronta le più urgenti questioni di sostenibilità ambientale, globalizzazione, immigrazione. Un amalgama di cocci, armonie inattese e contrasti fa capire che il bello è fatto di stracci, zucche colorate che sono suppellettili da cucina, e può nascere da pompe di benzina intrecciate.
Uscendo in giardino troviamo una Kiki Smith (Norimberga, 1954) toccante. Sono lacrime umane quelle che alimentano la fontana bronzea, anzi lacrime femminili che parlano di silenzi e lunghe sopportazioni. Le tre figurette ricalcano il topos della donna-pianta, pertanto le lacrime di un viso lunare non fanno che rafforzare la già forte componente espressiva di un corpo a forma di stelo: riduzione a vegetale propria di chi non può muoversi, di chi è bloccato e in fondo non può gridare. Nell’opera grafica, nelle elaborate raffigurazioni degli arazzi jacquard, o su carta nepalese, compaiono la civetta, il lupo, la torre dalle molte facce, a disegnare un immaginario simbolico e alchemico, un diario intimo che ha origini antichissime e vive ancora oggi. Ma è solo in scultura che il sentimento diventa corpo, e si fa presente fra noi, silenzioso, delicato e sinistro come un convitato di pietra.
Francesca Alix Nicoli
San Gimignano // fino al 30 agosto 2014
Pascale Marthine Tayou – Update!
Kiki Smith – Path
GALLERIA CONTINUA
Via del Castello 11
0577 943134
[email protected]
www.galleriacontinua.com
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