Il futuro è una promessa. Che parte dalla Fondazione Giuliani
Fondazione Giuliani, Roma - fino al 18 luglio 2014. Il rapporto sempre più precario che abbiamo con il futuro e le molteplici letture del significato di promessa sono i concetti alla base di “The Registry of Promise”. Un progetto curato da Chris Sharp nell’ambito di Piano, piattaforma preparata per l’arte contemporanea Francia-Italia 2014-2015. Quattro sedi per quattro mostre, connesse ma autonome, nell’arco di un anno.
The Promise of Melancholy and Ecology è una struggente elegia sulla perdita del regno della natura, ormai remota, quasi incomprensibile, alla quale siamo legati da un rapporto complesso pieno di scompensi e macchiato dal disagio, dai sensi di colpa e dalla sfiducia nel postumano. Ma la natura può sopravvivere nella memoria di un immaginario fatto di detriti industriali collosamente ingarbugliati a elementi organici, animali mummificati e mutilati, catramose pozzanghere di resina.
I piccoli e brutali santuari artistici disseminati negli spazi candidi della fondazione sono letture, in bilico tra incubo e speranza, delle diverse modalità del futuro. La natura è una bieca fonte di violenza, di cui noi stessi facciamo parte, sembrano dire le sculture in bronzo e cartone a cera persa di animali mutilati di Jean-Marie Perdrix, laceranti personificazioni di incubi che ricordano i corpi mummificati di Pompei. Ed è un’immagine sbiadita, riflessa nelle pozzanghere di resina di Marlie Mul, modellate con mozziconi di sigaretta e sacchetti di plastica, come se fossero gli ultimi fluidi disponibili, nel tentativo di riunire natura e artificialità in un conglomerato dall’estrema, densa possibilità di “pittura”.
Dualità che ritorna nelle masse informi delle sculture detritiche di Peter Buggenhout, dove residui industriali e sangue di cavallo trovano spazio e linfa in una decadente decomposizione organica. Quasi oggetti ready made, sembrano macerie post-apocalittiche. Riproducendo artificialmente processi di sedimentazione naturale, esprimono, sezionano e presentano il disagio per le generazioni future.
Ma ci sono anche gesti “di sopravvivenza”, consapevoli di equilibri cambiati, come la catalogazione di animali estinti nelle fotografie di Jochen Lempert, che immortalano l’Alca Impennis, una specie scomparsa a metà del XIX secolo, realizzate negli ultimi vent’anni nei musei di storia naturale di tutto il mondo. In bianco e nero, senza cornice ma direttamente collegate alle pareti,le fotografie rivelano con una poesia disarmante la somiglianza tra il mondo umano e quello animale.
Sotto la lente sfaccettata della promessa, catalizzatrice di potenzialità e fallimenti, ma soprattutto inesorabile varco tra presente e futuro, è possibile concepire futuri alternativi. Non tutto è scritto: lo spettro di un’imminente catastrofe globale non è l’unico scenario possibile, suggeriscono candidamente i due cerbiatti ritratti di spalle con eleganti giochi grafici da Lempert in Untitled (from: Symmetry and the Architecture of the Body).
Marta Veltri
Roma // fino al 18 luglio 2014
The Registry of Promise: The Promise of Melancholy and Ecology
a cura di Chris Sharp
artisti: Peter Buggenhout, Jochen Lempert, Marlie Mul e Jean-Marie Perdrix
FONDAZIONE GIULIANI
Via Gustavo Bianchi 1
06 57301091
[email protected]
www.fondazionegiuliani.org
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati