Il sentiero dalla musica all’arte visiva, per Carlo Rea (Roma, 1962), passa attraverso leggere trame di garza, riccioli di gesso e involucri di ceramica. Le prime, monocromatiche, sapientemente sovrapposte le une alle altre, evocano ondulate note di immaginari desertici. Le altre, dalle sembianze biomorfe – foglie, conchiglie, o piccoli strumenti musicali? –, raccontano l’evoluzione della materia da suono a immagine piatta, da immagine piatta a forma plastica. Impermanenze. Forme e immagini delle superfici in fluttuazione sintetizza un percorso artistico di venticinque anni, durante il quale il musicista-artista ha sviluppato un linguaggio personalissimo, incentrato sull’impermanenza e sull’instabilità delle cose e sulla rappresentazione della fluttuazione della materia, spazio fisico e metafisico. Nelle sue opere, Rea intercetta i ritmi e le pause proprie della sfera musicale, proiettandole in quella delle arti plastiche e visive, facendo dell’istantaneità e continuità l’impalpabile vento che le accomuna.
Marta Veltri
Roma // fino al 14 luglio 2014
Carlo Rea – Impermanenze. Forme e immagini delle superfici in fluttuazione
a cura di Bruno Corà
GALLERJA
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