Capitolo 1: camminare
Hamish Fulton, il padre creativo di tutte le “camminate” artistiche, afferma che per attraversare bene un luogo bisogna: camminare avanti, poi tornare indietro, muoversi in modo equidistante, camminare lentamente e osservare, camminare nella notte e sentire. L’arte di camminare consiste quindi nell’indagare la natura delle cose, conoscere lo spazio senza alcuna idea di possesso, muoversi e fermarsi lungo un percorso, passare senza lasciare nessuna traccia o segnando il territorio lievemente, usare mente e corpo, tempo e spazio.
Infine lasciare il mondo come lo abbiamo trovato, e se possibile migliorarlo.
Capitolo 2: attraversare le città
Anche Francis Alÿs (Antwerp, 1959), come Hamish Fulton, attraversa gli spazi camminando, applicando questa pratica per la conoscenza e l’indagine di un luogo. A volte Alÿs non lascia nulla dietro di sé, altre volte incide il territorio con segni, suoni, piccole tracce, come in Railings, percorso realizzato nel centro di Londra per la nota agenzia di Public Art Artangel, in cui fa letteralmente suonare le ringhiere delle case vittoriane londinesi.
Contrariamente alle pietre raccolte da Richard Long o alle installazioni di rami e foglie di Andy Goldsworthy, Fulton e Alÿs non riportano nulla all’interno della galleria dopo i loro percorsi: solo l’esperienza. E una rigorosa documentazione spesso su supporti fragili come la carta (disegni per Alÿs; fotografie per Fulton), quale testimonianza di un passaggio momentaneo, non definitivo. Alÿs si è concentrato nel racconto dei luoghi attraverso film e video. Le sue camminate, processioni, percorsi, sono spesso attraversamenti in solitaria; altre volte in gruppo, con più persone o con un’intera folla. Come nell’indimenticabile The Modern Procession a New York, durante la quale attraversa la città fino al Queens in una vera e propria processione, con tanto di banda, portando in spalla i capolavori di arte moderna e contemporanea che dovevano essere traslocati dal MoMA, per la ristrutturazione del museo.
O come a Mexico City, in cui dozzine di persone diventano un corpo solo, una linea retta che si disegna all’ombra dell’alto palo dell’alzabandiera messicano sulla piazza dello Zocalo, condensando il significato stesso di umanità. O ancora in Green Line, coraggiosa camminata tra i vari check point che dividono la città di Gerusalemme, lasciando dietro di sé una sottile linea verde di colore e speranza. In ogni sua azione Francis Alÿs riesce a unire poetica e politica, arte e società. È la distanza che separa e unisce il lungo viaggio percorso, e lo sguardo sulle cose dell’artista, l’anima dei suoi lavori.
Capitolo 3: Kabul
10 agosto 2002: Afghan Day. Il mitico Festival del Cinema di Locarno, durante la direzione di Irene Bignardi, propone una sorta di maratona: 24 ore interamente dedicate alla proiezione dei film recuperati da una missione italiana presso l’Afghan Film Archive di Kabul, salvati dalla censura e dalla conseguente furia distruttrice dei talebani. Francis Alÿs ama il cinema e ama i giochi semplici che si facevano da ragazzi. Il film Reel-Unreel descrive due ragazzini che corrono lungo i bordi della città di Kabul, salgono la collina e scendono lungo strade trafficate, srotolando l’uno e arrotolando l’altro, una bobina di pellicola cinematografica. L’effetto è straordinariamente potente. In un’atmosfera polverosa, in una città che è al di là della retorica sui cambiamenti climatici, si percepiscono il calore delle strade e tutte le variazioni di luce del Medioriente. È Kabul nella sua più tragica bellezza. Ciascuna immagine interroga i misteri di quei luoghi, la loro storia, il suo popolo, le privazioni. Fino al sorriso finale del ragazzo che ci restituisce una nota di speranza: per il presente dell’Afghanistan, per le sorti future di quelle giovani generazioni, per l’umanità. Unitamente al film, una serie di dettagliati disegni su fogli di taccuini: acquarelli e pastelli che smorzano la violenza del luogo, raccontano di incontri, persone, oggetti. Poi ancora bacheche in cui gli oggetti reali sono raccolti e tassonomicamente esposti: biglietti di trasporto, visti d’ingresso, mappe, cartoline, per lo più descrizioni delle tappe di viaggio di Alÿs. Oltre allo storyboard con i dettagli e la narrazione del film realizzato a Kabul.
Claudia Zanfi
Napoli // fino al 22 settembre 2014
Francis Alÿs – Reel-Unreel (afghan projects, 2010-14)
a cura di Andrea Viliani, Eugenio Viola
MADRE
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081 19313016
[email protected]
www.madrenapoli.it
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