Fabriano ritrova luce. Con una grande mostra griffata Sgarbi
Gli archivi e le opere talvolta sono insufficienti a disegnare la storia dell’arte. Ma il percorso proposto da Sgarbi e organizzato da Liana Lippi suggerisce l’istituzione di una vera e propria scuola fabrianese.
Il 25 luglio scorso ha inaugurato nell’entroterra marchigiano la mostra Da Giotto a Gentile – pittura e scultura a Fabriano fra Due e Trecento, curata da Vittorio Sgarbi. Un seducente percorso di respiro internazionale su fondo vermiglio, tra le pareti della Pinacoteca Civica Molajoli (una delle quali, di pareti, letteralmente buttata a terra e ricostruita per accogliere alcune opere), trapuntato in special modo di ori e blu.
Le motivazioni dell’esposizione conducono da un lato alla scoperta – in particolare per il grande pubblico – e la rivalutazione di alcuni artisti che nel XIV secolo operarono in questa porzione delle Marche e che sembrano ormai lasciare pochi dubbi circa l’esistenza, all’epoca, di una cifra stilistica di derivazione giottesca, e con contaminazioni umbre e riminesi, che vedeva il suo epicentro proprio a Fabriano. “Dal 25 luglio 2014 nasce la Scuola di Fabriano, il cui riferimento più alto si trova nel Maestro di Campodonico”, sentenzia il curatore, che ci tiene a sottolineare: “C’è civiltà quando c’è espressione in tutte le arti, e come si nota dal catalogo sono qui in mostra anche le arti minori. E in Fabriano c’è civiltà”.
Dall’altro lato, i grandi sforzi indirizzati alla realizzazione della mostra fanno da eco e, al tempo stesso, da traino alla spinta che la regione e la città di Fabriano (riconosciuta nel 2013 quale Città Creativa dall’Unesco, nella sezione Craft and Folk Arts) compiono, e a ragione, per fronteggiare le difficoltà che il territorio attraversa sul piano industriale e la sempre più rara presenza di artigiani qualificati che trasmettano il sapere autoctono, a partire dai mastri cartai.
L’itinerario di Da Giotto a Gentile si completa davvero visitando non solo le opere presenti in pinacoteca, e portate a casa per l’occasione da collezioni e musei nazionali e internazionali, ma anche recandosi presso le chiese di Sant’Agostino, di San Domenico e la cattedrale di San Venanzio.
Tra i più preziosi autori esposti, e potremmo anzi dire che si tratti di colui che è presentato come il principale protagonista, è il Maestro di Campodonico, cui archivi e studi non sono stati finora in grado di dare un nome e un cognome, a causa delle scarse fonti. La sua mano misteriosa che, si ipotizza, potrebbe essere quella di un monaco miniatore (data la forte presenza monastica nel territorio durante il medioevo, ma anche per l’approccio adottato nell’affrescare un’opera come la Crocifissione, che ricorda un grande foglio di pergamena con tanto di lettere impaginate e incise sull’intonaco) è stata più volte scambiata con quella di autori posteriori, talvolta perfino di un secolo: Bernard Berenson, ad esempio, attribuiva le sue opere ad Andrea De Litio. Vittorio Sgarbi, Giampiero Donnini, Alessandro Marchi – i cui interventi critici sono raccolti, tra gli altri, nel catalogo edito da Mandragora – sembrano d’accordo nel rintracciare la precocità del Maestro di Campodonico innanzitutto nella sua concezione spaziale, ma altrettanto nell’espressività dei personaggi. Quest’ultimo carattere traspare, forse meglio che da altre esecuzioni, dalla Crocifissione affrescata a Urbino, in parte andata in rovina, nella quale più storici riconoscono un capolavoro del Trecento, di indiscutibile effetto drammatico. Il Cristo esangue si staglia contro un cielo contornato di personaggi dall’atteggiamento diversificato e spesso patetico.
Altrettanto colpiscono le sculture lignee realizzate, a grandezza naturale, da un altro autore anonimo, identificato come Fra’ Giovanni di Bartolomeo, anche noto come Maestro dei magi di Fabriano, al quale venne commissionato un presepe dipinto. Di rara efficacia espressiva appaiono la Sant’Elena, madre di Costantino il Grande, il San Giuseppe e il Re Melchiorre. Ne scrive Donnini: “Da sottolineare anche la vita interna espressa dalle sante persone, la sintetica e caratterizzata modellazione dei visi, la grazia dei gesti”.
Ma in pinacoteca sono molte le perle: due minute tavole di Giotto raffiguranti San Francesco e San Giovanni Battista, una Madonna col Bambino di Pietro Lorenzetti, dove il piccolo Gesù si aggrappa alla madre e con lei scambia un dolce, vagamente pensoso sguardo, o le Stimmate di San Francesco di Gentile da Fabriano, tavola pervasa di morbida luce dorata, solo per menzionarne qualcuna.
All’esposizione va riconosciuto il merito di riportare alla visibilità opere di notevole fattura, oltre che di rammentarne le origini proprio nei luoghi che le ha generate. Tuttavia le incertezze sugli autori permettono ancora di dubitare di alcune attribuzioni; e se è pur vero quanto afferma il curatore, che “senza nomi si comunica poco e non si stabilizza una realtà pure importante nell’evidenza delle opere”, altrettanto vero è che i nomi non consentono sfumature e sarebbe opportuno far sì che assegnarli non costituisca un impedimento nella ricerca di una verità lontana nel tempo.
Lucia Grassiccia
Fabriano // fino al 30 novembre 2014
Da Giotto a Gentile. Pittura e scultura a Fabriano fra Due e Trecento
a cura di Vittorio Sgarbi
Catalogo Madragora
PINACOTECA CIVICA BRUNO MOLAJOLI
0732 252181
[email protected]
www.mostrafabriano.it
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