David Lynch ce lo ha mostrato in molti film: basta del fumo finto, dei flash di luce intermittenti per far sì che un interno, una scena apparentemente reale, spalanchi le porte a immaginari surreali e baratri allucinati. Lo ha compreso bene il duo Invernomuto, (Simone Bertuzzi, 1983 e Simone Trabucchi, 1982), che da più di dieci anni lavora coerentemente alla costruzione di un unico, lungo racconto che, partendo da elementi reali come luoghi, nomi e geografie documentate, ogni volta viene puntualmente fatto deflagrare utilizzando piccoli artifici, apparentemente semplici. Suoni, luci, oggetti non immediatamente riconoscibili e scampoli di video si amalgamano come nel Blob di Irvin Yeaworth, che nel suo flusso dirompente snida controstorie che danno vita a un nuovo organismo. Vernasca, la Giamaica, l’Etiopia, Il mito di Hailé Selassié e i monumenti coloniali fascisti fino alle decorazioni vernacolari da giardino e Lee Scratch Perry. Questa nuova personale “ri-edita” brani dei recenti lavori del “film” Invernomuto, che euristicamente trova un nuovo inizio con l’inedito Wondo Genet (2014), una sorta di microdocumentario. Sempre che si postuli che quello rappresentato sia il reale o sia destinato a diventarlo. È per questo che quella di Invernomuto è una mostra estremamente contemporanea. Perché libera ipotesi, possibilità, universi.
Riccardo Conti
Milano // fino al 29 novembre 2014
Invernomuto
MARSELLERIA
Via Paullo 12a
02 76394920
[email protected]
www.marselleria.com
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/39052/invernomuto/
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