Se è vero che la grandezza di un artista si vede dalle piccole cose, per analizzare la mostra di Giovanni Segantini (Arco, 1858 – Pontresina, 1899) al Palazzo Reale di Milano si può partire da Giovinetto ciociaro, piccola tela del 1880-81. Applicandosi a un soggetto che potrebbe appartenere alla pittura di genere o alle scuole regionali, l’artista raggiunge vette vertiginose. E lo stesso accade con le nature morte dalla maestosa semplicità raccolte in un’altra sala. Come un anticipatore, ma soprattutto come un intellettuale, Segantini trasporta questi soggetti nell’epoca dell’arte moderna, come fece con ogni soggetto e stile affrontato nella sua breve carriera.
Proprio in questa modernità risiede la sua grandezza. E nel fatto di evidenziarla con chiarezza e ricchezza di esempi risiede l’importanza della mostra, curata da Annie-Paule Quinsac, grande esperta di Segantini. La poesia dei paesaggi di montagna, l’abilità tecnica, la maestosità dei dipinti – su cui alcune recensioni della mostra si sono puntualmente dilungate – sono certamente grandiose, ma evidentemente non sono da intendersi come obiettivi in sé. Piuttosto come componenti di un progetto più ampio, di natura eminentemente “concettuale”, cosa che avverrà sistematicamente dalle avanguardie storiche in poi.
L’esposizione (che vede il gradito ritorno di Mazzotta, che collabora alla produzione di Skira) presenta l’evoluzione del percorso di Segantini, costruendo un racconto lineare ritmato da alcuni “colpi di scena” di particolare intensità. Come il nucleo di nature morte già citato, o come la sezione intitolata “Il grande paesaggio”, con dipinti spettacolari come La raccolta delle patate.
E ancora, dipinti oscuri e inconsueti per l’immaginario più diffuso legato a Segantini, come La benedizione delle pecore e A messa prima, imbevuti di un simbolismo personalissimo. E poi i quadri più celebri, come Mezzogiorno sulle Alpi, Ave Maria a trasbordo, Ritorno dal bosco, spesso contestualizzati con l’accostamento di disegni preparatori oppure eseguiti ispirandosi a dipinti già realizzati.
Ma un gruppo di opere più che suggestivo è già nella prima sala, che mette a confronto cinque autoritratti di diversi periodi, mostrando a colpo d’occhio le diverse trasformazioni dell’artista, da realista a divisionista a simbolista.
A proposito di simbolismo, si comprende bene percorrendo la mostra come l’artista ne dia un’interpretazione rigorosa e contenuta, non puramente spiritualista ma pienamente umanista. L’ennesimo indizio della modernità di Segantini.
Stefano Castelli
Milano // fino al 18 gennaio 2015
Segantini
a cura di Annie-Paule Quinsac e Diana Segantini
Catalogo Skira
PALAZZO REALE
Piazza Duomo 12
02 92800375
www.mostrasegantini.it
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