Suzanne Lacy e l’esordio di Fabio Cavallucci alla direzione del Museo Pecci
Museo Pecci, Milano – fino al 6 gennaio 2015. Fabio Cavallucci cura la prima mostra come direttore del museo con sede principale a Prato. L’artista americana Suzanne Lacy espone una quindicina di lavori, dal 1975 a oggi. Interventi disposti lungo l’arco di un percorso unico, per estensione, densità tematica ed eterogeneità.
Da alcuni anni, con sempre maggiore frequenza, le più rappresentative sedi museali del Norditalia, private e pubbliche, perseguono l’immaginario e l’azionismo di un rarefied world of feminist art criticism. I nomi di artiste sulle quali si sono concentrati curatori e direttori stanno ricomponendo una galassia storica e metastorica che riporta all’attenzione del pubblico, così come degli osservatori contemporanei, l’immediatezza della vita attraversata dal corpo e l’eternità annunciatrice della natura femminile.
Da Ana Mendieta a Joan Jonas, da Regina José Galindo a Marina Abramović, la lettura politica di ingiustizie sociali si inscrive non sull’oggetto-carne, quanto piuttosto su quel che da esso viene traslitterato, introitato e pianto: il soggetto-parola. Discorso che tra fotografie, interventi e performance s’incide, nello scenario contemporaneo, sotto forma di espropriazione simbolica delle più reali istanze di denuncia, provocando aderenze visuali disgreganti, tra dolore, trascendenza e desiderio.
La prima antologia di opere, completamente europea, di Suzanne Lacy (Wasco, California, 1945) dal titolo Gender Agendas comincia con un inno al tempo, un video mostrato dallo schermo di un vecchio televisore, girato di una delle prime performance, dal titolo Construction of a Novel Frankenstein (1975). Due donne, due corpi, un solo enorme paio di pantaloni, il medesimo piano d’azione e infine lo scontro, l’incontro unificatore di due attrici che si ritrovano pelle a pelle, abbracciate.
Nell’ampio salone del Museo Pecci, ripartito in tre grandi macro-sezioni, lo sfruttamento sessuale e la violenza, l’invecchiamento e la considerazione che i media hanno della donna anziana, le questioni sociali che vanno dal razzismo alle condizioni di lavoro e di classe trovano finalmente nuovo tempo, nuovi ritmi e nuovo spazio. Da Prostitution Notes (1974), un’indagine sulle prostitute e sul loro sfruttamento in alcune aree di Los Angeles, basata su interviste nei bar e nei locali da loro frequentati; a Mourning and In Rage (1977), fotografie di grandi dimensioni del sit-in e supporti con applicazioni di quotidiani dell’epoca, pubblicati quando a Los Angeles avvenne il brutale strangolamento di dieci donne per opera di un serial killer.
Al centro del percorso, l’enorme mappa bianca e gialla di Three Weeks in May, realizzata per la prima volta nel 1977 nello shopping center del municipio di Los Angeles. Per tre settimane Lacy raccolse dalla polizia informazioni sugli stupri e suoi luoghi in cui erano stati compiuti, segnalandoli con un timbro rosso apposto come un marchio RAPE nei diversi distretti della città.
Ginevra Bria
Milano // fino al 6 gennaio 2015
Suzanne Lacy – Gender Agendas
a cura di Fabio Cavallucci
MUSEO PECCI
Ripa di Porta Ticinese 113
0574 531828
[email protected]
www.centropecci.it
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/39887/suzanne-lacy-gender-agendas/
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