Klein, Fontana e la rivoluzione dell’arte
La magia dello spazio nell’opera di due artisti fondamentali per l’arte del secolo scorso. L’infinito di Klein e lo spazio “altro” di Fontana. Un percorso a due voci che si snoda nelle sale del Museo del Novecento, lungo tutta la collezione. Succede a Milano.
Pur non essendo una retrospettiva, ma solo una focalizzazione sul rapporto quinquennale fra Yves Klein (Nice, 1928 – Parigi, 1962) e Lucio Fontana (Rosario, 1899 – Varese, 1968), la mostra espone con chiarezza e relativa esaustività il breve e intenso periodo dell’artista francese in stato di grazia. Un Yves Klein ospite in “casa Fontana”, qual è il Museo del Novecento (per forza più che per diritto). La celebre Struttura al neon, simbolo del percorso museale e di un’arte libera da supporti, canoni e confini, visibile da piazza del Duomo e posta per sregolare la regolata architettura fascista del palazzo, è ormai il simbolo stesso del museo, che infatti a lui dedica la sala più bella del percorso, riallestita per l’occasione.
Da un punto di vista prettamente teorico, il termine di paragone più immediato per Yves Klein sarebbe Piero Manzoni, che condusse una ricerca monocroma simile sull’infinito, ma da intendere in senso più ontologico che cosmico, che fu della stessa generazione e colpito ugualmente da una morte prematura. Eppure fu Fontana il primo acquirente italiano di Klein, mentre Dino Buzzati lo celebrava in un articolo; e fu sempre Fontana, nonostante la differenza di età e di percorso, il primo a stringere con lui un legame duraturo, tanto che quando Klein credette di realizzare un Centro della Sensibilità, sorta di nuovo Bauhaus, si immaginò professore di pittura proprio al fianco dell’amico italiano.
Un tale legame non può che nascere da una comunanza di ricerca artistica, che li porta a considerarsi, nel linguaggio tipicamente megalomane di Klein, degli “innovatori” e dei “rivoluzionari”. Entrambi svolsero riflessioni sullo spazio e su un’arte da non intendere come rappresentazione, parola eretica tanto nella Galleria Apollinaire di Le Noci, dove Klein esponeva, quanto nella Galleria parigina di Iris Clert. Erano già idee, o finestre su idee. Proprio queste sono i tagli di Fontana: squarci che introducono l’osservatore in uno spazio altro. Invece, come spiega Fontana stesso, “Yves Klein rappresentava lo spirito nuovo. Diverso da me che cerco uno spazio altro. Lui era per l’infinito”. Ed ecco allora che possiamo immaginare di addentrarci in una fessura di un quadro di Fontana, immergerci in questo spazio, in questo sogno, dove “c’è un aldilà immaginario, un aldilà puro senza al di qua. Prima non c’è nulla, poi un nulla profondo, poi una profondità blu” (Bachelard, citato da Klein in una celebre conferenza). Quindi avremmo un’idea di infinito di Klein, blu perché astratto e senza dimensione, proprio come l’oro, usato spesso da Fontana.
La mostra al Museo del Novecento espone opere, documenti di progetti realizzati e anche idee mai portate a termine, chiarite con un buon apparato teorico. L’arte di questi maestri intese superare i confini delle definizioni e si fece filosofia, tanto da rendere la realizzazione in sé secondaria: “L’epoca blu del 1957, quando scopro che i miei quadri sono soltanto le ceneri della mia arte”. Ecco allora l’importanza del gesto, ben oltre la performance e il teatro: dalle Zone di sensibilità pittoriche immateriali al taglio della tela di un Concetto spaziale.
La mostra esce dagli usuali confini della sala dedicata alle monografie temporanee per snodarsi lungo tutta la collezione. Nonostante ciò, e nonostante il complicato percorso museale, la narrazione è lineare e comprensibile.
Lodovico Lindemann
Milano // fino al 15 marzo 2015
Yves Klein / Lucio Fontana – Milano-Parigi 1957-1962
a cura di Silvia Bignami e Giorgio Zanchetti
Catalogo Electa
MUSEO DEL NOVECENTO
Palazzo dell’Arengario
Via Marconi 1
02 88444061
[email protected]
www.museodelnovecento.org
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/37207/yves-klein-lucio-fontana/
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