La storia dell’arte polacca secondo Karol Radziszewski. Al COCA di Torun, per la cura di Eugenio Viola
COCA, Torun – fino al 25 gennaio 2015. La provincia mette in discussione la gerarchia dei luoghi espositivi. Succede in Polonia, complici Dobrila Denegri ed Eugenio Viola. Per fortuna che Radziszewski non ha paura della densità concettuale nel suo triplice omaggio al teatro di Jerzy Grotowski, al collettivo canadese General Idea e alla meteora Natalia LL…
È giusto rimanere almeno con un piede per terra. Una distribuzione uniforme delle politiche di promozione dell’arte contemporanea resta un miraggio in Polonia. Qui non ci sono, e forse mai ci saranno, dei fondi regionali sulla scia dei FRAC in Francia. Eppure l’exploit del COCA a Torun è un piccolo esempio di rivoluzione copernicana. Ed è il modello urbanocentrico fondato sulle grandi città come Varsavia e Cracovia a finire sotto scacco. Torun è un centro di 200mila abitanti che ha dato i nativi all’astronomo Niccolò Copernico. E qui che è stato inaugurato il primo spazio espositivo ex novo interamente dedicato all’arte contemporanea del Paese, ancora prima del MOCAK a Cracovia.
Iniziativa di punta della direzione targata Dobrila Negri, il progetto quadriennale Focus Poland è riuscito a proporre con sorprendente forza le nuove leve locali cresciute dopo la generazione della sztuka krytyczna e presentate a Torun da curatori internazionali. Nel capitolo conclusivo è la volta di Karol Radziszewski (Bialystok, 1980; vive a Varsavia) coadiuvato dal curatore Eugenio Viola nel progetto The Prince and Queens. I due utilizzano quattro ambienti espositivi per allestire un triplice omaggio al teatro di Jerzy Grotowski, al collettivo canadese General Idea e a Natalia LL, splendida meteora dell’arte performativa polacca negli Anni Settanta.
Denegri sapeva che sulla carta una collaborazione tra Radziszewski e Viola non avrebbe presentato alcuna controindicazione, vuoi per affinità metodologiche e per una fascinazione comune ad entrambi per le arti performative. Il corpo resta un supporto per l’archiviazione al netto di ogni metafora tecnicistica tanto per lo storico dell’arte quanto per l’artista.
Da un lato il corpo del Principe (costante) che rimanda allo spettacolo simbolo del teatro povero grotowskiano, e dall’altro le Regine che richiamano l’universoLGBT, e più in generale l’alterità. Quest’ultimo tema è particolarmente caro a Radziszewski, il quale è anche editore e redattore di DIK Fagazine, una rivista alternativa dedicata a temi quali omosessualità e mascolinità.
Artista e curatore imbastiscono al COCA un grande ipertesto multidisciplinare in cui lo spettro di Warhol è sempre dietro l’angolo. Il candore crudele haringhiano delle composizioni dedicate all’Aids riprese da GI nell’ultima sala viene stemperato attraverso un processo di serializzazione dei Donald Duck riproposti sulle parete. Negli spazi dedicati ai materiali grotowskiani il look dell’attore Pawel Tomaszewski chiamato a interpretare il ruolo del compianto Ryszard Cieslak, attore feticcio di Grotowski nel documentario The Prince (2014) strizza l’occhio, non senza ironia, ai lonesome cowboys warholiani.
Certo le banane sbucciate da Radziszewski e Natalia LL cameratescamente in una fotografia del progetto America is not ready for this sono un omaggio alla consumer art fotografica quasi manzoniana della performer polacca. Ma come non pensare anche alla banana della copertina dell’album Velvet Underground & Nico? Radziszewski indaga la genesi della mitologia grotowskiana attraverso diversi materiali e supporti. Furono proprio le tournée nei Paesi del blocco occidentale a partire dagli settanta a stabilire la famadel Teatro Laboratorio.Proprio lui il profeta del nuovo teatro venuto dall’Oriente che sarebbe diventato controvoglia oltreoceano anche il guru di tutta una generazione di performer prima di stabilirsi a Pontedera.
I reperti del teatro di Grotowski, inclusa una replica del lenzuolo insanguinato tratto dallo spettacolo Thanatos Polski (1981), simbolo della Polonia annichilita dalla legge marziale, sono esposti in modo clinico, alle stregua degli oggetti di scena dei rituali di Hermann Nitsch. Particolare risalto viene dato alla figura del “principe costante” Ryszard Cieslak, reinterpretato da Tomaszewski e riproposto a mo‘ di ritratti multipli warholiani sulle pareti dell’ultima sala insieme ai paperini di GI.
Diverse le sorti di Natalia LL il cui fugace soggiorno americano nel 1977, finanziato da una borsa di studio dalla Fondazione Kosciuszko, sarebbe rimasto nell’anonimato. Ancor più che di rendere omaggio all’artista, Radziszewski si preoccupa di indagare l’impatto degli artisti dei paesi del Patto di Varsavia con la realtà del sistema dell’arte americano al tempo della guerra fredda.
Radziszewski intervista quelli che ce l’hanno fatta, come Marina Abramovic e Zygmunt Bauman, nonché altri protagonisti della scena newyorchese come Vito Acconci e Carolee Schneemann. Illuminante anche il contributo di Leo Castelli, che attribuisce il fallimento di molti artisti con la valigia pronta in mano all’impossibilità di risiedere in pianta stabile oltreoceano.
Le due performance inaugurali della mostra dedicate a Grotowski e a Natalia LL mettono a nudo il metodo dell’artista polacco che documenta allo stesso tempo per riprodurre e reinterpretare l’arte: una forma di cannibalismo doppio caratterizzata da una densità concettuale strabiliante anche in virtù della sua giovane età.
Giuseppe Sedia
Torun // fino al 25 gennaio 2015
Karol Radziszewski – The Prince and Queens
a cura di Eugenio Viola
COCA
ul. Sikorskiego 13
+48 (0)56 6109700
[email protected]
www.csw.torun.pl
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