Semplicemente Givenchy. Un mito della moda in mostra a Madrid
Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid – fino al 18 gennaio 2015. Mentre il mondo piangeva la scomparsa di Oscar de La Renta, grande stilista dominicano, a Madrid si celebrava un altro mito della moda del Novecento, il francese Hubert de Givenchy. Casualmente, entrambi i disegnatori devono stile e fortuna agli insegnamenti del maestro spagnolo Cristobal Balenciaga, per tutti ispiratore del moderno prêt-à-porter. Dalla nostra corrispondente a Madrid, Federica Lonati.
Il Thyssen-Bornemisza ospita la prima antologica in Spagna dedicata allo stilista francese Hubert de Givenchy (Beauvais, 1927), inedita incursione del museo nell’ambito della moda. Fino al 18 gennaio sono esposti a Madrid una novantina di abiti, da sera e non, in uno stimolante viaggio tra moda, cinema e arti visive, ripercorrendo gli ultimi cinquant’anni della storia del nostro costume. Lo stesso Givenchy, infaticabile nonostante l’età, ha partecipato all’allestimento della mostra, supervisionando con cura il progetto realizzato con Philippe Venet ed Eloy Martinez de la Pera.
Malgrado sostenga che per lui “la moda è il passato”, Givenchy rappresenta lo stile senza tempo, che riappare costantemente nei corsi e ricorsi del guardaroba femminile. Ragazzo della provincia francese, dopo la formazione negli atelier parigini dell’estroso Jacques Fath e del più classico Robert Piguet, approda da Elsa Schiaparelli, sarta atipica con una spiccata vena artistica. Il debutto con la propria firma avviene prestissimo – nel 1952, a soli venticinque anni – con la creazione di un piccolo atelier in rue Alfred de Vigny. Il primo grande successo è la camicetta bianca Bettina, ispirata alla sofisticata indossatrice francese Bettina Graziani, in lino con maniche a sbuffo e volant. Visionario per i suoi tempi, con la collezione Separates Givenchy presenta già negli Anni Cinquanta capi dalle linee semplici, moderne, fra di loro intercambiabili e abbinabili secondo il gusto della clientela, formula anticipatrice dell’attuale prêt-à-porter. L’abito a sacco del ‘53, i mantelli dai colli avvolgenti, i cappottini svasati e le gonne a palloncino, i vestiti a tubino neri, gli intagli in pelle e le applicazioni di pelliccia a colli, maniche e cappelli, sono solo alcuni degli esempi delle sue creazioni mai passate di moda.
Nel 1954 l’incontro folgorante con l’attrice Audrey Hepburn, che si convertirà in musa ispiratrice e ambasciatrice del suo stile attraverso il grande schermo: Givenchy la veste dentro e fuori scena, aggiudicandosi anche un Oscar per i costumi di Sabrina. In mostra, tra gli altri, il celebre tubino nero che l’attrice indossò in Colazione da Tiffany e il completo in pizzo di Come rubare un millione di dollari e vivere felici.
Altrettanto fondamentale il legame con il più maturo Balenciaga, che lo stilista considera un amico e ammira come un maestro, e dal quale eredita una forma di sartorialità molto precisa: purezza di linee e volumi marcati, stile innovativo ma sobrio, all’insegna del confort, che privilegia la scelta dei materiali e l’importanza dei tessuti. Non ultimo, il trionfo dell’eleganza del nero in tutte le sue declinazioni: Givenchy inventa il total black, dalla seta alla pelle, dal pizzo al raso e al velluto. Da Balenciaga infine – che abbandonò le passerelle nel 1968 (morirà solo quattro anni dopo) – il giovane Hubert eredita buona parte della clientela vip europea e americana dell’epoca, vestendo donne meravigliose come Laurence Bacall, Wallis Simpson, Grace Kelly, Jacqueline Kennedy Onassis e Carolina di Monaco, solo per citarne alcune.
La mostra al Thyssen è un’antologia della Maison Givenchy, che non pretende di essere storica né esaustiva. Una novantina di abiti meravigliosi – provenienti dalla stessa casa, ma anche prestati da musei e da signore che hanno avuto il privilegio di indossarli – rendono omaggio alla maestria artigianale della sartoria francese e dialogano con capolavori dell’arte, soprattutto rinascimentale e delle avanguardie storiche, fonte di ispirazione dello stilista, che fu anche collezionista. I broccati impreziositi da perle e i lamé degli Anni Ottanta e Novanta richiamano la ricchezza decorativa dell’abito della Santa Casilda di Zurbarán o del ritratto di Anna d’Austria di Hans Maler. Le linee essenziali in bianco e nero ricordano la Collezione strutturale Alpha di Josef Albers o le geometrie di Frank Stella e Laszlo Moholy-Nagy.
I patchwork colorati di giacchini e gonne ampie con intagli evocano gli astrattismi di Sonia e Robert Delaunay, mentre i lamé dorati e argentati applicati sul satin brillante richiamano un impressionante taglio di Fontana del ’61, dal titolo Venezia era tutta d’oro. I colori di Max Ernst e le geometrie di Rothko trionfano su raffinate sete cangianti, mentre un patchwork alla Joan Miró adorna un lungo cappotto di camoscio viola.
Per concludere l’ideale sfilata, un angolo dedicato ai variopinti copricapi che resero famoso il total look della maison parigina: zuccottini in feltro colorato, ma anche ampi cappelli a tesa larga, classici con fiocco o più estrosi, decorati con penne, piume o petali di rose.
Federica Lonati
Madrid // fino al 18 gennaio 2015
Hubert de Givenchy
a cura di Eloy Martínez de la Pera
MUSEO THYSSEN-BORNEMISZA
Paseo del Prado 8
[email protected]
www.museothyssen.org
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