Una mostra che è un piacere. Al Mudac di Losanna è tempo di erotismo
L'artista vigila sulla libertà dell'individuo in una società che ha camuffato il senso del piacere in pornografia. Al Mudac di Losanna va in scena “Nirvana”, mostra che racconta le “strane forme del piacere”. Ne abbiamo parlato con il curatore, Marco Costantini.
Abbiamo intervistato Marco Costantini, curatore – con Susanne Hilpert Stuber – di Nirvana. Strane forme di piacere al Mudac di Losanna: una mostra complessa, che segna una pagina importante per liberare definitivamente l’espressione artistica da censure e definizioni di trasgressione inopportune.
Una collettiva internazionale che indaga l’influenza dell’erotismo sulla creatività moderna dell’arte, del design e della moda. Un’operazione esplicita, che sfida il senso del pudore con i lavori di ottanta artisti per un totale di duecento fra oggetti-feticcio e installazioni. Una disamina del nostro modo di rapportarci a oggetti che dimostrano quanto il desiderio sociale di piacere sensuale non diminuisca nell’era del digitale e come si possano stravolgere i tabù mediante l’uso di forme e materiali inusitati.
Arte, moda, design… Il Mudac è un contenitore ideale per unire quello che da noi è ancora diviso.
Realizzare dei progetti museali nei quali l’arte si accosta al design e alla moda non è cosa facile. Poche istituzioni lo permettono e si tratta spesso di musei di design o arti applicate. Il mélange dei generi è tuttavia per me necessario, perché permette una migliore comprensione di una creazione culturale. Guidare una ricerca transdisciplinare significa tentare di capire una società e le sue dinamiche nel suo insieme e non in maniera circoscritta. Ogni arte ha la sua storia, ma tutte condividono una medesima origine temporale e culturale. Il Victoria and Albert Museum di Londra realizza già da molti anni mostre nelle quali differenti medium si uniscono e rimane per me un grande riferimento.
Come valuta l’attuale situazione italiana?
L’Italia non è ai miei occhi così diversa dalla maggior parte dei Paesi europei. La maggior parte dei suoi musei presenta la creazione in maniera monocentrica: per ogni espressione il suo museo e la sua mostra. L’Italia è tuttavia un terreno estremamente favorevole per progetti incrociati tanto è ricca la sua storia dell’arte, della moda e del design.
Nonostante ciò, mi rincresce la mancanza di visibilità degli artisti italiani all’estero. Se i designer e le case di moda beneficiano di importanti piattaforme di mediazione, gli artisti contemporanei – al di fuori delle fiere di Torino e Bologna e della Biennale di Venezia – sono secondo me troppo raramente presenti sulla scena internazionale.
Pensa di aver dimostrato l’equivalenza fra i lavori presentati, per cui le scarpe di Margiela sono un’opera come gli oggetti di Marc Woods, le immagini di Mustafa Sabbagh, i vasi di Sottsass o i mobili di Nina Zupan?
L’idea di partenza è stata proprio questa: trattare in maniera equivalente oggetti provenienti da campi troppo spesso separati. Significa privilegiare un discorso sulla creazione contemporanea più che sulla pratica. È un modo per dimostrare che tutti i creativi – che siano designer, artisti o stilisti – partecipano a una stessa società ed elaborano un lavoro con origini comuni.
Il tema della mostra è un argomento della società, il “piacere”, ed è naturale considerarlo in più forme. Il fatto ad esempio che la ceramica di Morgane Tschiember dialoghi in mostra con una fotografia Nobuyoshi Araki permette di dimostrare la penetrabilità delle diverse pratiche e la comunione di pensiero tra i creatori.
La scelta dell’erotismo nasce dalla volontà di indagare sull’oggetto o sull’inconscio di chi lo realizza?
Penso che si tratti di entrambi. L’oggetto è la materializzazione dello sguardo che porta il creatore sul piacere, dove il corpo non è che l’impronta di una forma, di una texture, di un materiale. Significa dunque, in un primo momento, studiare questi oggetti e comprenderne le risurrezioni plastiche. In un secondo momento, tentare di cogliere l’obiettivo cosciente o incosciente del creatore di fronte alla questione del piacere e dell’erotismo. In letteratura esiste la metonimia: gli oggetti esposti in Nirvana usano questa stessa strategia per condurre lo spettatore verso una altrove e suscitare in lui delle domande, ma anche delle emozioni, mettendolo di fronte al proprio rapporto col piacere.
Sono soprattutto dei modi di parlare dell’intimità, del desiderio e del piacere. Un designer come Karim Rashid esprime il suo rapporto con l’erotismo realizzando il Karimsutra, letto destinato alle posizioni del Kamasutra, pezzo unico, ma fa lo stesso quando crea la sua lampada Cadmo, che rimanda alla forma di vagina e che si ritrova nell’intimo di ognuno di noi. Ma è anche vero che tutti i creatori tentano di dare un’immagine e una forma all’idea che si fanno del piacere e dei piaceri attraverso oggetti evocatori, ma non penso che si tratti di provocazione.
C’è a volte una memoria funzionalista: ricordano a cosa servono e rimandano a strumenti di piacere e di punizione.
Certi creatori non conservano che un’evocazione della loro pratica. Il Vestito di Pettini della maison Martin Margiela parla solo di capelli senza mostrarne nessuno: sono i pettini che evocano l’atto di pettinarsi e lisciarsi i capelli. Certe materie possiedono tuttavia un potere evocatore molto forte tanto da essere autosufficienti. Il cuoio è una delle più importanti: la sua consistenza al tatto e il suo odore rimandano immediatamente a un universo più animale e potente. Il Grande Personaggio di Milena Altini ne è una perfetta illustrazione, la sua taglia ma soprattutto il suo odore condizionano la comprensione. Non è un caso che molti produttori di profumo oggi si interessino a odori evocatori e sensuali.
Il ruolo della moda?
La moda spesso ha giocato il gioco della seduzione, e la sua storia lo testimonia ampiamente. La storia della scarpa è eloquente. Gli Anni Novanta sono quelli di una società stigmatizzata dall’Aids. Il nostro rapporto con la sessualità e il piacere è stato sconvolto e ogni evocazione di pratica sessuale particolare risuonava come una rivendicazione politica di fronte agli sguardi accusatori di una parte della popolazione. Le pratiche feticiste, il sadomasochismo e l’omosessualità si sono ritrovati sotto i fuochi di una società benpensante, e da allora le arti in generale non hanno smesso di difendere il diritto a scegliere le forme di sessualità e piacere. Dagli Anni Ottanta sono gli artisti che hanno così obbligato i politici a farsi carico del problema dell’epidemia.
Nella moda il fenomeno è più complesso, perché si confronta sempre con l’aspetto commerciale. I riferimenti alla sessualità o al feticismo sono stati fatti in maniera più sottile o al contrario più provocante, come con Vivienne Westwood e Jean Paul Gaultier, i quali hanno rimesso in primo piano l’estetica del corsetto e delle sottovesti, come aveva già fatto prima Chantal Thomas.
La deviazione delle forme, dei materiali e del colore sono le strade per arrivare nel profondo?
Ecco una domanda tanto cruciale quanto difficile. Penso ugualmente che solo la deviazione, la mancanza e l’assenza possano provocare in un primo momento il desiderio, che si sviluppa in seguito nella sua realizzazione sotto la forma del piacere.
Evoco spesso la forma dei preliminari quando parlo della mostra Nirvana: ogni oggetto risveglia una sensazione, un desiderio che rinviano a una forma di piacere. Ma ognuno risponderà diversamente agli stimoli. Noi rispondiamo tutti a differenti stimolazioni, che sono altrettante vie di accesso al piacere.
Sono sempre strane le forme del piacere?
Il termine ‘strano’ è stato scelto nel sottotitolo perché un gran numero di oggetti presentati, tramite lo spostamento delle funzioni, dei materiali o delle forme, si ritrovano in una certa indistinzione. Sextoy in vetro come quelli di Jean-Luc Verna o di Jeff Zimmerman non conservano che la forma degli oggetti ai quali fanno riferimento: la fragilità dei materiali non ne permette un uso efficace!
Bisogna leggere il termine ‘strano’ in maniera positiva: questa stranezza è molto vicina alla teoria di Freud, e funziona con il nostro inconscio, per cui il meccanismo feticista si mette in moto. Bisogna sapere anche che, quando parliamo di feticismo, è raro che ne abbiamo una sola concezione e che sia per tutti la stessa.
Non pensa sia troppo facile ricorrere all’erotismo per essere “fuori legge”?
Non penso che si possa affermare in modo così globale, anche se molti artisti scelgono oggi la forma della provocazione nel loro discorso, certi più efficacemente di altri: Paul McCarthy e Maurizio Cattelan ne sono probabilmente i migliori ambasciatori. Il lato fuori legge oggi forse è da vedere sotto il profilo di una sovversione più sottile: le forme dell’ironia e del cinismo sono più in linea con la nostra società.
Se la questione dell’erotismo, più precisamente della sessualità, può sembrare facile oggi per scandalizzare, è forse perché molti dei tabù resistono ancora quando vengono abbordati i temi del piacere e del sesso. I recenti avvenimenti in Francia sulla legge del matrimonio per tutti hanno rivelato un profondo malessere per quanto riguarda il riconoscimento dei diritti omosessuali. Questo dimostra che un gran numero di lotte legate alla sessualità non si sono compiute e che altri diritti vanno preservati. Gli artisti permettono di mantenere uno sguardo vigile su queste libertà individuali.
Se la facilità può permettere di conservare le nostre acquisizioni sociali riguardo al nostro diritto a una sessualità disinibita, allora è una buona cosa. Ma la facilità non è sempre la più semplice a realizzarsi e la provocazione non deve mai esser gratuita.
Clara Tosi Pamphili
Losanna // fino al 26 aprile 2015
Nirvana. Strange forms of pleasure
a cura di Marco Costantini e Susanne Hilpert Stuber
MUDAC
Place Cathédrale 6
+41 (0)21 3152530
[email protected]
www.mudac.ch
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