L’Italia a testa in giù. Retrospettiva di Luciano Fabro a Madrid
Palacio de Velázquez, Madrid – fino al 12 aprile 2015. E dopo il Museo Madre di Napoli, il Reina Sofía della capitale spagnola. Per un omaggio retrospettivo a Luciano Fabro, artista scomparso nel 2007 e solo in parte riconducibile all’Arte Povera.
Il dialogo fra le opere e l’ambiente è senz’altro il punto di forza della mostra di Luciano Fabro (Torino, 1936 – Milano, 2007) a Madrid. La prima antologica spagnola dedicata all’artista piemontese è meravigliosamente contestualizzata tra le architetture del Palacio de Velázquez, padiglione liberty situato nel cuore del Parque del Retiro, sede esterna per le mostre temporanee del Museo Reina Sofía.
“Dopo il Madre di Napoli, il Reina Sofía ha voluto dedicare un omaggio a mio padre”, spiega Silvia Fabro, che dal 1980 gestisce l’archivio Luciano e Carla Fabro a Milano. “Insieme con il curatore portoghese João Fernandes, in due anni di intenso ed entusiasmante lavoro e grazie alla disponibilità di musei come il Castello di Rivoli, lo Stedelijk di Amsterdam, ai prestiti di molte gallerie e di collezionisti privati, abbiamo raccolto una sessantina di opere, tra le quali ‘Lo spirato’, marmo del 1972, prima d’ora mai uscito dallo studio di mio padre. Si tratta di una riflessione sulla scultura come memoria di qualcosa che non c’è più, la traccia del respiro di chi non è morto, ma se ne è andato via”. Un’autentica chicca, che ricorda lontanamente il Cristo Velato custodito nella cappella Sammartini a Napoli.
Gli spazi ampi, aperti e luminosi del Palacio de Velázquez accolgono le molte opere di Fabro che illustrano un percorso artistico e intellettuale poliedrico, dalla fine degli Anni Sessanta fino ai primi anni del XXI secolo. Sculture di materiali diversi, installazioni di enormi dimensioni e piccoli interventi dall’alto contenuto concettuale, le opere di Fabro acquistano nello spazio un valore aggiunto e nello stesso tempo si distanziano una dall’altra secondo criteri cronologici, evidenziando le diverse fasi e le scelte alternative del lavoro spesso inclassificabile dell’artista torinese, che solo in parte può essere annoverato tra le figure chiave dell’Arte Povera.
Ad accogliere il visitatore nel centro del padiglione è Prometeo, installazione del 1986 creata in seguito all’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl, evento che sconvolse profondamente l’artista. “‘Prometeo’ è considerato il suo ‘Guernica’”, spiega la figlia Silvia. “Per lui fu uno choc, rappresenta il concetto di ordine nel disordine, un enorme triangolo e un pentagono iscritti in una circonferenza perfetta”. Sulla parete di fronte sono esposti invece alcuni esemplari di Computer, semplici barre d’acciaio in delicato equilibrio su un solo punto d’appoggio, basate su un sistema binario tra il peso e l’equilibrio stesso.
I riferimenti alla mitologia (Sisifo), all’architettura classica (Palladio, la facciata del Redentore, gli obelischi) e all’arte barocca (gli Attaccapanni di Napoli) costellano opere apparentemente astratte o concettuali , dove predomina l’interesse per la materia, nobile o meno nobile, nelle sue infinite declinazioni, nonché il lavoro artigianale della messa in opera, parte essenziale della creazione.
Nel caso dei celebri Piedi di Fabro – a Madrid una diecina sono collocati in duplice fila come pilastri di una galleria immaginaria – la variante nella relazione tra il piedestallo e il pantalone in tela colorata di grande qualità, alto tre metri, sta soltanto nella diversità del materiale usato: dal marmo al bronzo, dalla pietra al vetro di Murano fino al più comune legno.
Non manca infine un nutrito gruppo di opere emblematiche come Habitat (spazio come espressione scultorea del 1981), una delle tante Tautologie, Tre modi di mettere le lenzuola (1968) e una serie delle celebri Italie, che dal ’68 Fabro realizzò quale metafora di un Paese in evoluzione storica e sociale. Emblematici i titoli e i materiali di ogni stivale: Latin Lover in latta, De Italia in pelle, la luccicante Italia d’oro, Italia fascista appesa a testa in giù come il Duce a piazzale Loreto, oppure quella di spaghetti tricolore. Da non perdere, infine, l’installazione Nord, Sud, Est, Ovest giocano a Mikado, ironico corollario di una mostra davvero ben concepita e intelligente, in grado di presentare nella sua interezza il complesso lavoro di un grande artista del nostro tempo.
E a chi si recasse a passeggiare nel bellissimo e centrale Parque del Retiro, raccomandiamo di non perdere la sorprendente installazione multisensoriale Il fabbricante di marionette, opera della coppia canadese Janet Cardiff e George Bures Miller, ospitata sotto le volte del vicino Palacio di Cristal, altra sede esterna del Museo Reina Sofía.
Federica Lonati
Madrid // fino al 12 aprile 2015
Luciano Fabro
a cura di João Fernandes
PALACIO DE VELÁZQUEZ
Parque del Retiro
Madrid // fino al 16 marzo 2015
Janet Cardiff & George Bures Miller – The Marionette Maker
a cura di João Fernandes
PALACIO DE CRISTAL
Parque del Retiro
+34 (0)91 7741000
[email protected]
www.museoreinasofia.es
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