Quando la scultura era bella. L’Ottocento napoletano
Convento Di San Domenico Maggiore, Napoli – fino al 31 gennaio 2015. Una folla silenziosa che reclama i propri spazi. Volti e corpi in bronzo, marmo, gesso e terracotta da un passato rimosso. Per una mostra sulla scultura partenopea.
Non solo Segantini a Milano e la rassegna sui temi e le riscoperte dell’Ottocento alla Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale: il passaggio dal 2014 al 2015 è segnato da una grande esposizione napoletana sulla scultura meridionale del secondo Ottocento e del primo Novecento. Non è soltanto la più grande mostra sul XIX secolo a Napoli da almeno diciassette anni (quando cioè nel 1997 venne allestita Civiltà dell’Ottocento) ma la più imponente sulla scultura europea di quel periodo almeno dai tempi de Le corps en morceau, tenutasi al Musée d’Orsay nel 1990: 51 artisti, 261 opere, 9 sezioni, 2 cataloghi, i ritrovati spazi del Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore, che ben si adattano alle esigenze espositive, e poi il grande ruolo riservato ai supporti multimediali, e ancora l’assoluta gratuità dell’evento.
Storicamente sono gli ultimi anni della Restaurazione borbonica, della lotta risorgimentale, quelli successivi all’Unità fino ai primi anni del Novecento. Da un punto di vista artistico sono segnati da un progressivo alterarsi del linguaggio, a partire dalla comparsa di Stanislao Lista, il maestro della futura generazione di scultori che guiderà la svolta da istanze romantiche, con nomi quali Tito Angelini, Alfonso Balzico o Domenico Marzatico, che prediligono soggetti tratti dalla cultura e dalla letteratura del passato (Dante, Salvator Rosa, Giambattista Vico) o di matrice francese (Balzac, L’Esmeralda di Victor Hugo), a scelte radicalmente realistiche con Achille D’Orsi e Vincenzo Gemito, le stelle più volte celebrate di un firmamento ricco di scultori che sulla loro scia si impone nelle diverse mostre nazionali nella seconda metà dell’Ottocento, come Raffaele Belliazzi, Giovan Battista Amendola, Costantino Barbella, Giuseppe Renda e, in particolare, il calabrese Francesco Jerace, mai sufficientemente esaltato, al quale viene dedicata un’intera sezione.
La passeggiata per le ampie sale del Complesso di San Domenico Maggiore è dunque un’immersione nella mente e nella cultura degli uomini meridionali del secondo Ottocento, nelle loro visioni e, in particolare, nella loro idea della donna. È infatti la figura femminile il soggetto predominante, quasi ossessivo: infantile, sensuale, ferina, allegra, folle, mistica, lasciva, angelica. Ma è forse Napoli a essere al centro dell’esposizione, la vera protagonista, sia inside attraverso bozzetti di opere e sculture monumentali, che outside tramite i divertenti supporti multimediali che fungono da finestre sulla città (come farsi una passeggiata nel Cimitero di Poggioreale, ancora poco conosciuto e “praticato” come giardino monumentale).
La mostra è dunque un invito in primis ai napoletani a conoscere meglio la propria storia e la propria civiltà figurativa del passato. Napoli, ad esempio, contrariamente a Salerno, sua città di nascita, e a Roma, non ha ancora dedicato una strada a quello Stanislao Lista che ha avviato la riforma della scultura al meridione e che con la sua presenza è stato così determinante nella formazione napoletana dei futuri scultori. Dopo questa mostra, non ci saranno più alibi.
Giulio Brevetti
Napoli // fino al 31 gennaio 2015
Il Bello o il Vero
a cura di Isabella Valente
CONVENTO DI SAN DOMENICO MAGGIORE
Piazza San Domenico Maggiore 8
081 459298
[email protected]
www.fondazioneforum2013.it
MORE INFO:
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