Una speranza antica. Le sculture di Andrea Branzi in mostra a Milano
Galleria Antonia Jannone, Milano – fino al 14 febbraio 2015. Andrea Branzi smette in panni dell’architetto e del designer, almeno per un breve periodo. E presenta una serie di omini deformi ingabbiati in strutture di plexiglas.
Quindici opere senza titolo, quindici sculture in una mostra dal nome architettonico (Dolmen), risolvono le più recenti riflessioni di Andrea Branzi (Firenze, 1938) sul rapporto doloroso e conflittuale che l’età contemporanea ha costruito tra l’uomo, i suoi oggetti, le sue case e l’intera società. Un dolore radicato in una sciagurata amnesia che è, in primis, esistenziale: la repressione dell’uomo moderno, che ha sepolto il proprio strato più antico, anarchico, animale sotto il guscio patinato dell’apparenza. Ma un simile oblio sembra affliggere anche certe forme di architettura e di design, vittime di una tecnologia ipertrofica e autoreferenziale, dimentiche del passato, e in particolare della potenza espressiva. Su questa lucidità di pensiero si fonda la collezione di Dolmen.
La galleria di Antonia Jannone si popola dunque di omuncoli interdetti, spaventati, raggrumati come cera colata, figli dichiarati delle animalesche figure deformi di Francis Bacon, ancora strozzati dai residui delle loro cravatte, e sempre seduti, come incapaci di sostenere la vertiginosa percezione di un’identità in bilico tra componente umana e dimensione istintuale. Soli, ciascuno isolato nel proprio isolato microhabitat, ai cui muri di plexiglas si appendono e si appoggiano e si accumulano profluvi di pietre: oggetti finalmente slegati dalla logica castrante della funzionalità. Il sasso, il dolmen, i megaliti – la cui essenzialità formale e il formato ridotto nulla possono contro il loro potere di suggestione – rappresentano allora frammenti simbolo di una cultura pre-industriale, la cui forza ieratica incombe su coloro che ancora non la sanno apprezzare. Il dato naturale, da sempre tipico della produzione di Branzi, diventa dominante nella lunga teca orizzontale che, proprio all’ingresso della galleria, sembra accogliere un modellino idealizzato del sito archeologico di Carnac, possente esempio di primordiale organizzazione del territorio.
E come i dolmen più complessi si arricchiscono di millenarie testimonianze grafiche e pittoriche, così nelle opere in mostra spuntano anche schizzi colorati in omaggio alla gestualità tribale di Pollock; tronchi incerti tra legno scabro e ricordi di piante; scale a pioli lunghe e sottili, per assurgere a una visione più completa del mondo e scendere fino ai primordi della storia; vasi smaltati di antica memoria; miniature di tappeti persiani, e persino una vacca coperta da un ricco drappo ricamato, echi di sacre fascinazioni orientali che paiono un invito alla riscoperta di realtà lontane anche dal punto di vista geografico.
Asiatiche sembrano anche le due figure antropomorfe, lucide e nere, stagliate contro un fondo di arancio brillante, da cui traspare un magico senso di compiutezza sconosciuto agli uomini-scimmia nelle gabbie di plexiglas. Sono infatti le uniche in coppia, le uniche in piedi e in equilibrio perfetto, remote ed eterne nella loro pura essenziale euritmia. Per loro, il sasso si fa nuvola, sospeso su una rete leggera di sublimati ricordi.
Chiara Gheller
Milano // fino al 14 febbraio 2015
Andrea Branzi – Dolmen
ANTONIA JANNONE
Corso Garibaldi 125
02 29002930
[email protected]
www.antoniajannone.it
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/41687/andrea-branzi-dolmen/
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