Escher. L’equivoco della prospettiva
A Palazzo Albergati – siamo a Bologna – è in corso la retrospettiva di Escher. Con oltre centocinquanta opere, è proposto l’intero percorso dell’artista olandese, dalle prime incisioni stile Liberty ai più audaci esperimenti prospettici, con il quale ha sconvolto dal suo interno l’intero sistema di rappresentazione dello spazio tridimensionale.
La retrospettiva itinerante su Maurits Cornelis Escher (Leeuwarden, 1898 – Laren, 1972), ora a Palazzo Albergati a Bologna, sta riscuotendo un successo clamoroso. Non c’è nulla di cui sorprendersi: Escher ha sempre goduto di enorme popolarità. Da decenni le riproduzioni delle sue opere sono state utilizzate nei modi più disparati: come copertine di libri, illustrazioni di manuali di matematica, cover di dischi, decorazione per capi d’abbigliamento. È facile trovare le stampe dei suoi lavori alle pareti di abitazioni di chi non è propriamente da considerare un cultore dell’arte contemporanea.
Nonostante la sua paradossalità, Escher è un artista facilmente fruibile. Le sue costruzioni impossibili, i suoi trucchi grafici hanno un aspetto ludico che attrae e intriga anche chi di arte non si è mai occupato. Ma sfugge forse l’aspetto fondamentale della sua opera. L’olandese distrugge con rigore geometrico e metodo matematico uno dei capisaldi della cultura occidentale: la prospettiva.
Il sistema di rappresentazione dello spazio messo a punto da Leon Battista Alberti è stato considerato da subito il più efficace, e si è finiti per farlo coincidere con la struttura stessa della realtà. La prospettiva si è così affermata come condizione necessaria per ogni forma realistica di riproduzione dello spazio. A fine Ottocento il senso di insofferenza nei confronti delle forme canoniche di rappresentazione dello spazio era abbastanza diffuso. Espressionismo, cubismo, astrattismo rinunciano clamorosamente alla prospettiva, sostituendola con altre modalità di gestione dello spazio pittorico.
La rivolta di Escher contro la prospettiva è invece sottile e silenziosa. Si insinua nelle falle del sistema di rappresentazione prospettica e ne esaspera le ambiguità. Portando alle estreme conseguenze i punti critici del più solido dei princìpi del realismo, questo è scardinato dal suo interno.
Ma ad essere messo in discussione insieme al sistema prospettico è il nostro sistema percettivo. L’occhio è storico, la percezione visiva è mutabile, plasmata di volta in volta su principi altrettanto storici e mutabili. Escher priva la moderna percezione occidentale di uno dei suoi fondamenti. Il preteso realismo del nostro sistema rappresentativo ci ha inevitabilmente portato a considerarlo obiettivo e incontestabile. Al suo cospetto gli altri sistemi di rappresentazione appartenenti a epoche e culture diverse risultano ridicoli e inefficaci. Questa certezza è demolita da Escher con il più feroce dei metodi di contestazione: l’ironia.
Se le centinaia di migliaia di visitatori della mostra di Escher fossero così attente da fare esperienza dell’aspetto destabilizzante della sua opera, la retrospettiva di Escher potrebbe essere l’occasione per un utile percorso di autocritica.
Felice Moramarco
Bologna // fino al 19 luglio 2015
Escher
a cura di Marco Bussagli e Federico Giudiceandrea
PALAZZO ALBERGATI
Via Saragozza 28
051 0301015
www.palazzoalbergati.com
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