Scolpire la scultura. Con Massimo Bartolini
Museo Marino Marini, Firenze – fino all’8 marzo 2015. Non teme i confronti, Massimo Bartolini. Miscelando sapientemente omaggio e propositività, dialoga con Leon Battista Alberti e Marino Marini. Sulla scultura.
“La riproducibilità al suo inizio non era che paura della perdita, perdita che presiede a ciò che per la manualità è uno dei più grandi valori: la mutevolezza“. La paura, da sempre, è la nemica per antonomasia dell’atto creativo, che scaturisce presupponendo come implicito il cambiamento ai fini della propria affermazione. Rispettare e assecondare la trasformazione, non temerla, si rende allora l’unica strada percorribile per riuscire finalmente a creare. E sebbene il confronto con un’eredità spesso ingombrante ci abbia ormai da tempo assuefatti al conforto della riproducibilità, cristallizzati sul piedistallo di un’ossequiosa e pavida retro-reverenza, non è ancora troppo tardi per adoperarsi in funzione di un genere di progresso che non violi l’assetto del nostro tradizionale ecosistema artistico, ma al contempo lo possa comunque ridisegnare, ricontestualizzandolo. Giacché, se è vero che le forme potenti sono nel mondo prima di noi, non dobbiamo fare altro che trasformarle, forgiandole di una nuova, più autentica veste. Fatta di materia fisica, ma anche di gesti, sguardi e suoni.
Massimo Bartolini (Cecina, 1962) non ha paura, e lo dimostra in questa mostra, pensata ad hoc per gli spazi del Marini, in cui dialoga con due intrepidi maestri del passato legati alla storia del museo: Leon Battista Alberti e Marino Marini.
Continuità discreta ed elogio alla materia caratterizzano infatti lo scambio-omaggio con il primo, di cui viene accentuata con spirito creativo la particolare forza rivoluzionaria, l’attualizzazione della classicità e la creazione di un inedito linguaggio a cavallo tra pensiero antico e rinascimentale, attraverso Revolutionary Monk, la riproduzione in movimento di un monaco buddista nella posizione di chi sta in equilibrio tra religione e laicità, ed Airplane, un basamento in marmo la cui faccia superiore riproduce le forme di un aeroplano di carta dispiegato.
Mutevolezza e apologia dei sensi guidano invece l’incontro-confronto con Marino Marini, di cui l’artista reinterpreta Il Giocoliere, riportandone su una grande parete di carta le coordinate numeriche, e sovrapponendovi poi gli Studi di Nuvole di Constable, sottolineando così non solo l’assoluta irriproducibilità del fare artistico originale, ma anche la sua estrema versatilità di applicazione. Lungo un percorso in divenire, una continua trasformazione della materia che giunge fino a decomporsi, Bartolini insegna che si può scolpire tutto, anche la scultura stessa, attraverso il solo ausilio dei sensi, plasmando con essi presenza e assenza. Perché l’arte visiva crede da sempre nella forza delle immagini, anche quando le nega, o le mette sotto scacco.
Sarah Venturini
Firenze // fino all’8 marzo 2015
Massimo Bartolini
a cura di Alberto Salvadori
MUSEO MARINO MARINI
Piazza San Pancrazio
055 219432
[email protected]
www.museomarinomarini.it
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/41239/massimo-bartolini/
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