Gli appunti visivi di Jean-Michel Basquiat. Al Brooklyn Museum
Brooklyn Museum, New York – fino al 23 agosto 2015. Della strada fece un'opera d'arte, Jean-Michel Basquiat. E non c’era location più adatta per una sua mostra, dal momento che l'artista proprio a Brooklyn era nato e cresciuto ed aveva sviluppato il suo amore per l'arte.
Al quarto piano dell’imponente edificio del Brooklyn Museum sono esposti per la prima volta otto fra taccuini e bloc-notes (per un totale di 160 pagine) su cui Jean-Michel Basquiat (New York, 1960-1988) aveva annotato in modo caotico e confusionario: pensieri, indirizzi, frammenti di testi a lui cari (Moby Dick e l’Antico Testamento in primis), poesie, giochi di parole, numeri di telefono, schizzi, pittogrammi e osservazioni personali che vanno dalla vita di strada alla cultura popolare fino alle questioni razziali.
Per tutto il corso degli Anni Ottanta, l’enfant prodige della Street Art, morto di overdose all’età di ventisette anni, aveva accumulato questi quaderni che oggi appartengono alla collezione di Larry Warsh, editore di New York e collezionista della prima ora di Basquiat.
L’idea che si ha visitando la mostra è quella di un armonioso caos, un ritmo serrato costituito da simboli e segni che rivelano un lato poco noto dell’artista e del suo processo creativo. Infatti, nonostante debba la sua fama alle grandi tele dai colori forti e spessi, si può dire che il linguaggio sia sempre stato il suo mezzo espressivo prediletto (“I cross out words so you will see them more”). O meglio: nelle sue opere l’interazione tra immagine e testo è assoluta, arrivando a rendere sempre più labili i confini tra scrittura e disegno e tra disegno e pittura. Tutto questo è ben visibile in mostra, dove non vengono presentati solamente i taccuini ma anche una selezione di quadri, disegni e collage ad essi connessi.
Dalle pagine dei quaderni emergono prepotentemente immagini e simboli che ricorrono in tutta la produzione di Basquiat: la corona a tre punte, simbolo di regalità ed eroismo; maschere tribali e teste nere, che rimandano alla voglia di riscatto dei black; il simbolo del copyright, usato per la prima volta nei suoi graffiti firmati SAMO (1977-79) e che qui spesso viene giustapposto a giochi di parole ironicamente critici verso la cultura del consumo di massa; o ancora volti deformati e teschi.
Vengono dunque alla luce tutte le influenze che hanno segnato la produzione artistica dell’angelo nero della Downtown scene newyorchese: dai fumetti ai disegni dei bambini, dalla Pop Art alle forme d’arte popolari azteche e africane alla vita di strada. Tutte queste ispirazioni vengono costantemente reinterpretate e reinventate sull’onda dell’improvvisazione, come erano soliti fare i grandi maestri del jazz a Basquiat tanto cari (Charlie Parker su tutti).
Chiude la mostra il film-documentario del 2006 diretto e prodotto da Tamra Davis, A conversation with Jean-Michel Basquiat. Si tratta di una videointervista realizzata dalla regista all’amico 25enne, all’epoca sulla cresta dell’onda e all’apice della sua carriera. A oltre vent’anni di distanza dalla scomparsa dell’artista, la Davis ha deciso di rimaneggiare il materiale in suo possesso regalandoci questi ventitré minuti di intimità.
Ricordiamo che anche il pittore e regista americano Julian Schnabel ha dedicato un lungometraggio all’artista di Brooklyn, Basquiat, che rappresenta inoltre uno splendido affresco della vita a New York in pieni Eighties.
Giovanna Batolo
New York // fino al 23 agosto 2015
Jean-Michel Basquiat – The Unknown Notebooks
a cura di Dieter Buchhart
BROOKLYN MUSEUM
200 Eastern Parkway
+1 (0)718 6385000
[email protected]
www.brooklynmuseum.org
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