“Are you talking to me?“. Si apre con un interrogativo la mostra dell’artista greco Nakis Panayotidis (Atena, 1947; vive in Svizzera) nelle project room del Macro di Roma. Un interrogativo che risuona come un dubbio amletico a cui lo spettatore è chiamato avvicinandosi all’opera che ha per titolo la domanda: una tela bianca sul cui angolo destro, in alto, uno specchio riflette la nostra immagine, rivolgendoci il quesito. Inevitabile che il pensiero vada a Che fare? di Mario Merz, con il quale Panayotidis ha condiviso le prime riflessioni sull’arte quando, studente di architettura, entrava in contatto con l’ambiente torinese e il suo humus sociale e culturale.
La parola, che in quest’opera si limita al titolo, prende concretamente forma con il neon di Kabul, diventando allo stesso tempo concetto e simbolo del reale. Siano aforismi o slogan, in italiano, inglese o greco, le scritte luminose di Panayotidis sono il segno di una certa idea di condivisione e di senso comune del vivere, probabilmente ereditato dalle finalità catartiche del teatro greco e dalle contestazioni politico-sociali della fine degli Anni Sessanta. Oggi le luci di queste insegne sono come riflettori sull’attualità dell’Europa in crisi.
“Essere contemporanei”, ha dichiarato l’artista, “è innanzitutto una questione di coraggio: significa essere capaci non solo di tenere lo sguardo sul buio della nostra epoca, ma anche di percepire in quel buio una luce che, diretta verso di noi, si allontana”.
L’avvicinamento al reale si fa poetico in Con lo sguardo del nomade e Lo sguardo fuggitivo del poeta II, nelle immagini di una lunga scia di spuma di mare che una nave lascia dietro di sé. Fermata con la fotografia e rielaborata con il disegno, l’infinita linea che si perde all’orizzonte riluce per il felice incontro di pittura e neon che, posto dietro la tela, amplifica lo scintillio dell’acqua. La bellezza del viaggio e le prospettive di un nuovo futuro convivono con la drammaticità dell’abbandono e dello spopolamento delle terre natie, tema oggi di grande attualità.
L’uomo, il mito e la natura si uniscono in una visione poetica in Ladro di luce, metafora dell’ardito gesto di Prometeo, il titano creatore degli uomini, che rubò il fuoco agli dei per farne dono ai mortali. La mano di Prometeo esce dalla parete portando l’elemento dell’energia e della passione nelle sembianze di un neon rosso e porgendolo agli uomini che, invece, stringono come luce blu i loro desideri.
Le opere di Panayotidis sembrano create sulla soglia del sogno. Portando l’onirico nel mondo reale, l’artista traccia una mitologia dell’uomo contemporaneo: dal caos dell’attualità sociale e politica può nascere, con l’arte, l’armonia.
Eloisa Saldari
Roma // fino al 13 settembre 2015
Nakis Panayotidis – Guardando l’invisibile
a cura di Bruno Corà
MACRO
Via Nizza 138
06 671070400
[email protected]
www.museomacro.org
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/43944/nakis-panayotidis-guardando-linvisibile/
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