Politiche della memoria. Uriel Orlow al Castello di Rivoli
Castello di Rivoli – fino all’11 ottobre 2015. Nei pressi di Gerusalemme c’è un ospedale psichiatrico dove venivano assistiti i sopravvissuti all’Olocausto. Peccato che fosse costruito sulle macerie di un villaggio palestinese raso al suolo. Una storia incredibile, non-raccontata da Uriel Orlow.
UN FILM IRREALIZZABILE
Si racconta che Carl Gustav Jung provasse un’indicibile remora a passeggiare per Roma: troppo profonda era l’impressione di camminare su metri e metri di cadaveri, strati su strati di civiltà l’una sull’altra. Un sentimento per certi versi simile deve aver colto Uriel Orlow (Zurigo, 1973; vive a Londra) nel corso dell’elaborazione del progetto Unmade Film (2012-13), ora in mostra al Castello di Rivoli.
Il soggetto di questo film completamente destrutturato – irrealizzato e irrealizzabile, non tanto per questioni tecniche quanto per motivazioni etiche – è il villaggio palestinese di Deir Yassim, distrutto e cancellato dalla memoria nel 1948, nell’anno in cui nasceva Israele.
È il primo intervallo che si intravede in questa ideale stratigrafia. A cui fa seguito un secondo livello: nella medesima area è stato infatti costruito un ospedale psichiatrico, Kfar Shau’l, dove venivano trattati pazienti scampati all’esperienza devastante dei campi di concentramento. Ora, nei medesimi edifici in stato di parziale abbandono, abitano una terza categoria di vittime: sono stranieri che vengono colti dalla “sindrome di Gerusalemme”, la versione religiosa della sindrome di Stendhal.
POLITICHE DELLA MEMORIA
Orlow sceglie dunque di non narrare, di non far vedere, di non proporre un racconto lineare. O meglio: non sceglie di non fare tutto questo. Vi è costretto. Da un punto di vista etico sono tali e tanti gli elementi messi in gioco, che confezionare un bel film narrativo costituirebbe fatalmente un tradimento dei fatti.
L’artista opta dunque per una lavorìo frammentario, per un pensiero laterale messo in moto da prospettive e mezzi espressivi sempre diversi: non esibisce un montaggio, piuttosto fornisce al visitatore alcuni elementi utili per elaborare da sé i molteplici lutti contenuti in questa storia complessa fino allo spasimo.
Si tratta di elementi fotografici, di strane mappe e referti ciechi, di monili e disegni infantili… Elementi in massima parte anti-estetici, dove è richiesto lo sforzo di capire, di leggere, di interpretare, di riflettere. Di calarsi in una situazione nella quale i ruoli di vittima e carnefice si scambiano a ritmi vorticosi, vertiginosi.
UN’ANTOLOGICA FRA LE SALE STORICHE
Così pare quasi un’appendice la serie di altri lavori presentati nella mostra curata da Marcella Beccaria. Perché in fondo si tratta di un’ampia antologica, con film notevoli come Holy Precursor (Santo predecessore) del 2011 (dove la drammaticità della Storia torna nella stratificazione armena, turca, curda…) o Remnants of the Future del 2010-12 (ambientato nella città fantasma di Mush), per arrivare a Grey, Green, Gold (2015-), prima tappa di un nuovo lavoro in progress di Orlow, questa volta incentrato sulla vicenda sudafricana e Nelson Mandela.
Il consiglio dunque: trattarle come se fossero due mostre distinte, o due parti di un libro. Entrate nel coacervo di Unmade Film, poi fate una pausa (visitando le altre mostre al Castello: c’è quella sull’architetto Andrea Bruno, nel trentennale del restauro del museo; le Videocontaminazioni messe in dialogo da Massimo Melotti; e una parte della mostra Tuttovero, quadrilocata e curata da Francesco Bonami), e tornate nelle sale storiche per vedere gli altri lavori di Orlow.
Marco Enrico Giacomelli
Rivoli // fino all’11 ottobre 2015
Uriel Orlow – Made/unmade
a cura di Marcella Beccaria
CASTELLO DI RIVOLI
Piazza Mafalda di Savoia
011 9565222
[email protected]
www.castellodirivoli.org
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/46005/uriel-orlow-madeunmade/
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