Doris Salcedo. La scultura come senso di giustizia
Solomon R. Guggenheim, New York – fino al 12 ottobre 2015. La retrospettiva che il Guggenheim dedica all’artista colombiana Doris Salcedo è la più importante mai realizzata. E conta alcune tra le opere più intense e riuscite di tutta la sua grande produzione artistica.
DA LONDRA A ISTANBUL, DA RIVOLI A ROMA
Doris Salcedo (Bogotà, 1958; vive a New York) è universalmente riconosciuta tra le più sensibili e al contempo energiche interpreti del linguaggio scultoreo contemporaneo. Nel 2007 aveva stupito il pubblico, anche quello più preparato, con uno squarcio nel pavimento della Turbine Hall alla Tate Modern di Londra, imponendo una riflessione sulla potenza della scultura realizzata esclusivamente per sottrazione, dove ciò che veniva tolto non era solo superficie calpestabile ma, metaforicamente amplificata, era stata tolta la terra da sotto i piedi sia alla critica attenta che all’incredulo pubblico.
Di quattro anni antecedente è invece la grandiosa operazione per alcuni aspetti contraria: la scultura realizzata con il solo atto di porre più di 1.500 vecchie sedie nel vuoto tra due palazzi a Istanbul.
In Italia l’abbiamo vista al Castello di Rivoli, dove si è preoccupata di sottrarre qualcosa ma, in quell’occasione, solo alla vista, creando un muro invalicabile all’interno di una sala espositiva. E infine nel 2012 a Roma al Maxxi con l’installazione Preghiera Muta, presente a New York, circondata da molte altre sculture e installazioni che vanno dagli Anni Ottanta fino ad oggi.
PREGHIERA MUTA
La Salcedo ha un filo conduttore che unisce tutti i suoi lavori e che, come un imprescindibile cordone ombelicale, la tengono da sempre strettamente unita a loro. La storia e i drammi sociali della sua terra natia sono i temi che con perseveranza indaga e traduce in arte, realizzando opere capaci di frastornare e di commuovere profondamente, di imporre silenzio e di far parlare i ceti più silenziosi, quelli delle vittime.
Tra il 2002 e il 2008 i vertici militari colombiani sono stati responsabili impuniti dell’uccisione sistematica di almeno trecento civili e, in Preghiera Muta, Doris Salcedo compone in un’unica grande installazione oltre cento coppie di tavoli di legno, realizzati a mano dall’artista, che restituiscono tracce di vite vissute tra le mura domestiche. I tavoli, abbinati a due a due di cui quello superiore è rovesciato, sono divisi da uno strato di terra fertile da cui nascono timidi fili d’erba che tenacemente riescono a forare il legno e crescere alla luce. A prima vista parrebbe un cimitero per uomini semplici che si trasforma, a un’analisi più attenta, in un giardino dove la vita può continuare.
UN ARGOMENTO TROPPO VASTO
La storia contemporanea della Colombia, nelle sue drammatiche vicende di ingiustizia sociale, viene vista dalla Salcedo come argomento troppo ampio per essere indagato se non riducendolo a sotto-temi più efficacemente trattabili a livello plastico. Il colonialismo, il razzismo e la violenza politica sono solo alcuni degli urli di rabbia che provengono dalle molte opere in mostra a New York.
Tutti e quattro i piani della tower presentano le opere più importanti della sua produzione e scandiscono ritmicamente un pensiero ossessivo che cerca una giustizia universale, di cui difficilmente ci si libera dopo aver visto questa magnifica retrospettiva.
Chiara Casarin
New York // fino al 12 ottobre 2015
Doris Salcedo
SOLOMON R. GUGGENHEIM MUSEUM
1071 Fifth Avenue at 89th Street
+1 212 4233500
[email protected]
www.guggenheim.org
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