La Grande Madre. Report dalla mostra della Fondazione Trussardi #2
Palazzo Reale, Milano – fino al 15 novembre 2015. Tra Yoko Ono e Boccioni, Nicholas Nixon e Olga Fröbe-Kapteyn, Picabia e Mina Loy, Marlene Dumas e Roman Ondàk l’essenza della femminilità trascende. I contorni della donna generatrice declinano, rapprendono e infine spandono, in cerca di uno stato di grazia.
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UN PERCORSO IN COSTANTE MUTAZIONE
La Grande Madre è un prisma iconografico ripartito su 29 facce, 29 stanze che, attraverso oltre 400 opere di 139 artisti, scrittori e registi, rappresentano la figura della donna.
La mostra, tra cambi crescenti di luminosità (luci che virano dai toni caldi a quelli siderali) e di densità espositiva, non risulta mai uguale a se stessa. Procede nello spazio ispirando ed espirando, come se attraversasse la Storia meditando: a tratti avviluppandosi su assi temporali riconoscibili (primordi del cinema, avanguardie, movimenti per l’emancipazione ecc.) e a tratti liberando orizzonti di ricerca puntuali, che rendono il linguaggio espositivo ontologicamente, eternamente femminile: il-logico, mutevole, impressionabile, fragile, sfidante e contraddittorio.
MILLE DECLINAZIONI DI JUNG
Il tentativo di rievocare e rappresentare l’archetipo junghiano del femmineo generatore, che conferisce il titolo all’itinerario, lungo il percorso spesso si trasforma: sdilinquito (Alfred Hitchcock, Psyco, 1960), disatteso (Suzanne Santoro, Toward New Expression, 1974), frainteso (Rosa Rosà, Sam Dunn è morto, 1917), dilatato (David Hammons, Freudian Slip, 1995), traslato (la riproduzione dell’erpice di Kafka, riprodotto da Harold Szeemann nel 1975), finalizzato (Lucio Fontana, Concetto Spaziale. La fine di Dio, 1963-64), generalizzato (Nari Ward, Amazing Grace, 1993) e, talvolta, trasformato in un risultato atteso del percorso stesso (Maria Lassnig, Illusion von der versaumten Mutterschaft, 1998).
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Rineke Dijkstra, Julie, Den Hagg, The Netherlands, February 29, 1994, dalla serie New Mothers, 1994 – Courtesy Rineke Dijkstra e Marian Goodman Gallery
IL TORTUOSO CAMMINO PER ESSERE DONNA
Nel raccogliere e porre in dialogo centinaia di opere, il rischio di disseminare e sincopare la scrittura del percorso qui si confonde con una percezione, una visione finale, una grande immagine di un’integrità disorganica e al tempo stesso agognata. Figura di un’essenza composita, una femminilità che per affermarsi come non-uomo – dunque donna in sé, né moglie né figlia né amante né musa e nemmeno più madre biologica – ha dovuto: travalicare i limiti (Henny Hennings, Totentanz, 1916), transustanziare (Katharina Fritsch e la Madonna giallo fluorescente), sopravvivere (Alina Szapocznikow, Torso senza testa, 1968), interiorizzare il proprio corpo (Carolee Schneemann, Interior scroll, 1975), renderlo materia (Regina, Danzatrice, 1930), imparare a non essere (Käthe Kollwitz e Dorothea Lange) e infine sovrapporsi alla propria immagine (Roman Ondák, Teaching to walk, 2002), tornando, nell’atto del guardarsi, a sembrare la madre che si ha avuto (Gillian Wearing, Self-Portrait as My Mother Jean Gregory, 2003).
Ginevra Bria
Milano // fino al 15 novembre 2015
La Grande Madre
a cura di Massimiliano Gioni
Catalogo Skira
PALAZZO REALE
Piazza del Duomo 12
[email protected]
www.fondazionenicolatrussardi.com
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/46981/la-grande-madre/
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