Tesori ungheresi a Milano

Palazzo Reale, Milano – fino al 7 febbraio 2016. Dal Museo di Belle Arti di Budapest, chiuso per restauri, 76 opere giungono a Milano. Dal Rinascimento al Novecento, sfilano due El Greco, la Madonna Estherazy di Raffaello, Cranach il Vecchio, Velázquez, Tiepolo, Messerchmidt, fino a Cézanne e Schiele.

STORIA DI UN MUSEO IN CORSO DI RESTAURO
La storia del Museo di Belle Arti di Budapest parte nel 1848, con la volontà del padre della patria Lajos Kossuth di creare un’ampia collezione come “tesoro nazionale”; prosegue con la donazione del 1870 da parte dei principi Esterhazy e infine prende forma con la legge del 1896 che lo istituisce. Aperto nel 1906, fu poi bombardato e saccheggiato dai nazisti, ma recuperò le opere sottratte e vide acquisizioni importanti anche durante il regime comunista.
Oggi possiede una collezione che spazia dall’antico Egitto al secondo dopoguerra (con l’appendice del Vasarely Museum). E la sua chiusura per restauri fino al 2018 si rivela un’ottima occasione per Milano, vista la qualità delle 76 opere che giungono a Palazzo Reale. Suddivisa in nove sale, la selezione descrive un percorso che va dal Rinascimento al Novecento, in un allestimento che migliora le stanze di solito un po’ sciatte dell’ala laterale del museo milanese.

El Greco, Maddalena penitente, 1576 ca. - ©Museum of Fine Arts, Budapest 2015

El Greco, Maddalena penitente, 1576 ca. – ©Museum of Fine Arts, Budapest 2015

CAPOLAVORI DAL RINASCIMENTO
L’inizio della mostra è segnato da due bellissimi dipinti di El Greco: in uno, più tardo, prevale il “disegno” tipico dell’artista (San Giacomo minore, 1585-90) e nell’altro il colore (la luminosissima Maddalena penitente, 1576). Una Cena in Emmaus (1542) di Tintoretto, un Ritratto del doge di Tiziano e un Veronese (Ritratto di uomo) sono tra le opere della sezione sul Cinquecento veneziano. Quella sul Rinascimento italiano vede il ritorno a Milano della Madonna Estherazy di Raffaello, nel 2014 a Palazzo Marino.
Il Rinascimento in Europa presenta fra l’altro un ammaliante Ritratto di giovane di Dürer, perturbante quanto la Salomé di Cranach il Vecchio. Si passa poi in epoca barocca: ecco un giovane Velázquez  (Il pranzo, 1618-19), due visioni secentesche del paesaggio, quelle di Salvator Rosa e di Lorrain, opere di Hals, Rembrandt. La sala del Settecento è dominata da un monumentale Tiepolo (Apparizione di San Giacomo Maggiore), cui si affianca una delle Teste di carattere di Messerschmidt (Uomo che sbadiglia), tuttora sorprendenti a due secoli dalla realizzazione.

Paul Cézanne, Il Buffet, 1877-79 - ©Museum of Fine Arts, Budapest 2015

Paul Cézanne, Il Buffet, 1877-79 – ©Museum of Fine Arts, Budapest 2015

SI ARRIVA AL NOVECENTO
Tre bei dipinti di Goya dialogano tra di loro e introducono il passaggio all’Ottocento. Nella sezione sul SImbolismo, accanto a Böcklin, von Stuck e Segantini, spicca L’età dell’oro dell’ungherese Janos Vaszary, con la splendida cornice che è parte integrante del quadro.
La conclusione (Dall’Impressionismo alle Avanguardie) è affidata a un Manet (Donna con ventaglio, 1862), al Buffet del 1877-79 di Cézanne, ai Maiali neri di Gauguin, fino a Schiele, Kokoschka e due avanguardisti ungheresi, Marffy e Bortnyik.
Il Comune di Milano annuncia la mostra come prima puntata di un ciclo sulle collezioni di musei internazionali. L’esordio è incoraggiante.

Stefano Castelli

Milano // fino al 7 febbraio 2016
Da Raffaello a Schiele. Capolavori dal Museo di Belle Arti di Budapest
a cura di Stefano Zuffi
PALAZZO REALE
Piazza del Duomo 12
02 54911
www.daraffaelloaschiele.it

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/46996/da-raffaello-a-schiele/

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Stefano Castelli

Stefano Castelli

Stefano Castelli (nato a Milano nel 1979, dove vive e lavora) è critico d'arte, curatore indipendente e giornalista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su Andy Warhol, adotta nei confronti dell'arte un approccio antiformalista che coniuga estetica ed etica.…

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