Quando il colore ingentilisce l’angoscia. Daido Moriyama a Modena

Foro Boario, Modena – fino all'8 maggio 2016. Centotrenta scatti, selezionati tra migliaia, mostrano uno sguardo finora sconosciuto di Daido Moriyama. Quello che osserva un Giappone torbido, fatto di visioni notturne, intime, sensuali, sfuggenti. E inaspettatamente a colori. Strade sfocate, corpi femminili in primissimo piano, oggetti in apparenza insignificanti. Un flusso ininterrotto, allarmante, ma anche poetico e giocoso.

MORIYAMA E LA FOTOGRAFIA
Non cerca, trova. Non insegue, incontra. La fotografia del giapponese Daido Moriyama (Ikeda, 1938) è tutto fuorché l’ossessione dell’esattezza formale, dello scatto irripetibile. E’ uno sguardo lanciato a perdifiato per le strade della vita, pronto a r-accogliere quel pulviscolo di eventi (figure, situazioni, gesti) che lo avvolgono e coinvolgono. Lui è complice, ma non giudice. Riprende con l’identica frenesia una donna nuda, un homeless alle prime luci dell’alba, un cane randagio, l’interno desolato di un hotel, un campo sterminato di fiori.
È come se tutto fosse posto sullo stesso piano, trattato alla stessa maniera, ripreso con lo stesso occhio sovranamente amorale e segretamente disturbante. È una sorta di “effetto contagio”, quello che ne esce: una con-fusione, data dall’impiego della sovraesposizione, dalla ripresa di sfuggita, dallo scatto sbagliato. Non conta la realtà in sé, quanto l’immergersi in essa, il perdersi nella sua dimensione molteplice, ignota, inquietante.

Daido Moriyama, Untitled, 1970

Daido Moriyama, Untitled, 1970

FRA COLORE E BIANCO E NERO
Conosciuto in tutto il mondo per il suo graffiante, spesso sgranato e sfocato bianco e nero, qui Moriyama è presente con una selezionata serie inedita di immagini a colori. Ma lo sguardo randagio e aggressivo rivolto al paesaggio urbano e umano che animava il bianco e nero, si ritrova anche nelle morbide nitidezze del colore. Il fotografo continua a essere rivoluzionario e travolgente; continua a esprimersi attraverso istantanee simili a scatti rubati o voyeuristici.
E anche se dice: “Il bianco e nero racconta il mio mondo interiore, le emozioni e i sentimenti più profondi”, mentre il colore “descrive ciò che incontro senza filtri […] è gentile e riguardoso”, in realtà la distanza tra le due tecniche non è molta, anche perché le foto a colori spesso sono nate assieme, se non addirittura come matrici di quelle in bianco e nero. Certo: il colore introduce una certa delicatezza e voluttuosità, ma non elimina le distorsioni dei soggetti né la sensazione di una continua “mise en abyme”, data dalla rivisitazione di una cultura che Moriyama identifica nei miti occidentali visti su manifesti, poster, giornali, insegne luminose.

Daido Moriyama, Untitled, 1970

Daido Moriyama, Untitled, 1970

UNA NARRAZIONE IN FUGA
Si tratta di fotografie degli Anni Settanta, quando il Giappone, dopo la ricostruzione e il boom economico, si trova a vivere l’occupazione americana e la contestazione studentesca. E Moriyama non può limitarsi a registrare, ha bisogno di lasciare una traccia del suo vissuto. Quella di “un vagabondo senza meta”, dell’artista “on the road” (come è stato l’amato Kerouac): sempre pronto a narrare un viaggio, un’esperienza, una fuga. Mai la libertà.

Luigi Meneghelli

Modena // fino all’8 maggio 2016
Daido Moriyama in Color
a cura di Filippo Maggia
Catalogo Skira
FORO BOARIO
Via Bono da Nonantola 2
059 224418
[email protected]
www.fondazionefotografia.org

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/51488/daido-moriyama-in-color/

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Luigi Meneghelli

Luigi Meneghelli

Laureato in lettere contemporanee, come critico d'arte ha collaborato e/o collabora a quotidiani (Paese Sera, L'Arena, L'Alto Adige, ecc.) e a riviste di settore (Flash Art, Le Arti News, Work Art in progress, Exibart, ecc.). Ha diretto e/o dirige testate…

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