Meditativo e incontrovertibile. Yahon Chang a Roma
Macro Testaccio, Roma – fino al 28 agosto 2016. Yahon Chang esibisce nel sito storico della Pelanda le sue più attuali ricerche artistiche, già presentate alla 56. Biennale di Venezia. Attraverso un allestimento site specific, con nuove opere pensate per il museo capitolino.
UN ARTISTA COMPLESSO
Per comprendere Yahon Chang (Shui-Li, 1948) bisognerebbe guardare alla Wen-Ren-Hua, la pittura a inchiostro su carta dei letterati cinesi, che trae ispirazione dalle più antiche tradizioni della calligrafia orientale. Pur accogliendone le principali peculiarità che, attraverso una tecnica raffinata e priva di fronzoli, fondono in un unico flusso di energia tema, opera e artista, Chang se ne distacca e abbandona la giovanile ambizione di diventare un grande maestro della pittura tradizionale, per dedicarsi, invece, a una pittura più attuale, fatta anche di oli, acrilici e tele.
Viene da sé, però, che anche inserire Chang alla fine di un ipotetico percorso di artisti che dagli Anni Quaranta adottano più o meno le stesse soluzioni formali e tecniche artistiche risulta piuttosto paradossale, se consideriamo che assorbe una cultura dalle radici millenarie. Dal tachisme di Jean Fautrier passando per Sam Francis, CoBrA – in particolare Karel Appel e Pierre Alechinsky – e l’action painting di Jackson Pollock è possibile tracciare un iter affascinante quanto depistante. Le opere di Chang possiedono contenuti che esulano completamente dal kitsch pessimistico di Fautrier o, per esempio, dall’idea junghiana di “inconscio collettivo” sviluppata dagli artisti CoBrA. Di Pollock, l’artista cinese rifiuta l’eroismo delle azioni e la prepotente affermazione dell’io: il “cogito ergo sum” si trasforma in “noi chiediamo, quindi siamo” che dissente enormemente dall’aspetto romantico e piccolo borghese della formula cartesiana. A Sam Francis, infine, Yahon Chang è sì vicino per l’interesse rivolto alla filosofia zen, ma non per la disposizione verticale dei supporti su cui dipingere.
Ci si arresta così di fronte a un’impasse che dovrebbe farci riconsiderare l’importanza e l’indispensabilità della domanda “che cos’è l’arte?”, senza trasformare l’arte stessa in una specie di macchina produttrice di significati.
MONDI DA ESPERIRE
I lavori di Yahon Chang esposti alla Pelanda sono stati realizzati in loco in soli cinque giorni e successivamente montati e appesi oppure distesi a creare una grande e suggestiva installazione ambientale. Attraverso una performance molto simile a una danza zen, l’artista cinese ha dipinto a inchiostro e con pennelli di varie dimensioni lunghissimi drappi di tela, che celano volti umani in mezzo a poetici tratti calligrafici. Origine e fondamento delle arti e della cultura prima cinese e poi anche giapponese, coreana e vietnamita, la filosofia zen suggerisce nelle opere di Chang un approccio meditativo da costruirsi nel momento in cui ci si rapporta con l’intero creato. In effetti, evitando qualsiasi speculazione intellettuale, l’artista offre spunti riflessivi sull’identità e sul senso della vita, relazionandoli anche al contesto storico della Pelanda e a tutte le vicende di orrore, fugacità e decadenza che un ex-mattatoio può evocare.
AL CENTRO DELL’ESISTENZA
Così come suggerisce il titolo dato alla mostra, The Question of Beings, Chang prosegue un percorso di ricerca – già presentato alla 56. Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia – che si ispira alla vita, alla complessità e alla diversità degli esseri umani. Alla stessa maniera di quanto fatto nel capoluogo veneto, l’artista propone un lavoro che esplora tematiche legate all’esistenza e che si lascia persino percorrere, invitando i visitatori ad attraversare fisicamente i suoi drappi dipinti all over.
In mostra anche alcune sculture cilindriche in ferro, la cui superficie non trattata è stata bagnata con acqua dal pennello di Chang per velocizzare il suo naturale processo di degrado. Effimeri sono di nuovo i volti nascosti in questi fragili involucri a ribadire un destino di decadimento che, dopo un cammino di lotte, avvicinamento al sacro, apprezzamento della mondanità e amore, accomuna comunque l’intero universo.
Francesca Mattozzi
Roma // fino al 28 agosto 2016
Yahon Chang – The Question of Beings
a cura di J. J. Shih e Francise Chang
MACRO TESTACCIO
Piazza Orazio Giustiniani 4
06 0608
[email protected]
www.museomacro.org
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/54784/yahon-chang-the-question-of-beings/
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