Pittura coast to coast. Gauguin e l’Italia in mostra a Rovigo
Palazzo Roverella, Rovigo – fino al 14 gennaio 2017. La mostra rodigina oscilla tra Pont-Aven e Burano, due realtà artistiche legate a luoghi umili, poveri borghi di pescatori, che hanno però attirato, con le loro atmosfere intrise di naïveté, artisti di grande forza espressiva, permettendo loro di crescere e di sviluppare una pittura ricca di sensibilità cromatica e lirismo, anticipatrice dell’arte che si sarebbe poi configurata: Espressionismo, Astrazione, Metafisica.
FRANCIA CHIAMA ITALIA
La rassegna I Nabis, Gauguin e la pittura italiana d’avanguardia, aperta a Rovigo a Palazzo Roverella e curata da Giandomenico Romanelli sotto l’egida di Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, mette a confronto l’enclave pittorica di Pont-Aven e quella di Burano. La prima nacque grazie alla permanenza di Paul Gauguin nel villaggio francese posto sulle coste della Bretagna, sull’estuario del fiume Aven. Giunto qui da Parigi per la prima volta nel 1886, coagulò intorno a sé la forza creativa di altri artisti come Émile Bernard e Paul Serusier, desiderosi di attuare una pittura “semplice”, primordiale, ma portatrice dei germi di invenzioni audacemente rivoluzionarie. La seconda, l’isoletta lagunare poco a nord di Venezia, fu frequentata dai giovani talenti di Ca’ Pesaro (Gino Rossi, Umberto Moggioli, Pio Semeghini), capitanati, negli Anni Dieci e Venti, da Nino Barbantini, che di Ca’ Pesaro era direttore, ma esclusi dalle Biennali veneziane, e perciò intenzionati a rivendicare il loro diritto alla notorietà e a manifestare vivace predisposizione all’apertura intellettuale verso l’internazionalità.
NUOVE PROSPETTIVE
Ma non solo. L’esposizione rodigina include anche opere di pittori come il piemontese Felice Casorati e il toscano Oscar Ghiglia che all’area veneta furono legati per formazione culturale o per soggiorni veneziani, mirati alla visita delle Biennali, imprescindibile fonte di aggiornamento e di insegnamento artistico. I francesi Edouard Vuillard e Maurice Denis e lo svizzero Félix Vallotton vi esposero ripetutamente nei primi anni del secolo (1905, 1907), aprendo nuove prospettive e ipotesi di confronto allo stile degli artisti locali. “I direttori dei musei stranieri ancora oggi spesso non conoscono i nomi di parecchi autori italiani. Portarli fuori dai confini italiani è nostro compito”, spiega Giandomenico Romanelli, curatore della mostra. “Il veneziano Gino Rossi, per esempio, nonostante i gravi problemi di infermità mentale, fu un uomo che si poneva criticamente davanti alle cose e alla pittura. Era un artista che era in grado di riflettere. Per sapere cosa stava avvenendo al Nord, andò nel 1906 a Pont-Aven per poi fare definitivamente ritorno nel 1910 in Laguna. Cagnaccio di San Pietro, da parte sua, sentiva l’esigenza di un sintetismo formale analogo a quello perseguito da artisti svizzeri e francesi, per divenire poi trait d’union con la Nuova Oggettività tedesca degli Anni Venti e Trenta”.
LA MOSTRA
Il percorso all’interno di Palazzo Roverella si dispiega agile grazie a un centinaio di opere, provenienti da collezioni private e realtà museali varie, muovendo da alcuni esempi di pittura bretone di impianto ancora tipicamente ottocentesco e intrisa di naturalismo e spiritualità (Eugène Lawrence Vall, Robert Brough, Charles Cottet, quest’ultimo attivo anche a Murano e Chioggia), giungendo rapidamente alle opere di Gauguin (un olio, un pastello, un acquerello, alcune incisioni) e dei suoi seguaci: Émile Bernard, Paul Sérusier, Paul-Élie Ranson, Cuno Amiet, Charles Filiger, Georges Lacombe, Jan Verkade, Félix Vallotton…
Un’intera sala è dedicata a Maurice Denis, cattolico fervente, incline al misticismo e cultore dei simbolismi, nonché teorico del gruppo dei Nabis (“I Profeti”), la corrente pittorica nata appunto alla Scuola di Pont-Aven nel 1889 dal sodalizio stretto fra questi artisti. Essi rifiutavano il naturalismo e la verosimiglianza, e perseguivano invece nei loro paesaggi, nelle scene di vita bretone e negli scorci d’intimità domestica, il sintetismo della forma, senza alcuna concessione al descrittivismo pittorico. Il colore era applicato piatto entro contorni molto marcati (cloisonnisme) e interpretato in chiave simbolico-emozionale.
Ecco poi, al piano inferiore del rinascimentale Palazzo Roverella, gli italiani: da Gino Rossi a Oscar Ghiglia, da Umberto Moggioli a Teodoro Wolf Ferrari, da Felice Casorati (splendido il suo dipinto la Bambina che gioca) a Cagnaccio di San Pietro, con le sue nature morte quotidiane e, al tempo stesso, surreali. Fino a Fanciulla piena d’amore, una ceramica di Arturo Martini del 1913, artista anch’egli forte dell’esperienza francese (parigina in particolare), e ben conscio dell’importanza del confronto con le ricerche estetiche e filosofiche d’Oltralpe.
Alessandra Quattordio
Rovigo // fino al 14 gennaio 2017
I Nabis, Gauguin e la pittura italiana d’avanguardia
a cura di Giandomenico Romanelli
Catalogo Marsilio
PALAZZO ROVERELLA
Via Giuseppe Laurenti 8/10
0425 460093
[email protected]
www.palazzoroverella.com
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/54598/i-nabis-gauguin-e-la-pittura-italiana-davanguardia/
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati