Marc Camille Chaimowicz. Metafisica per convezione
La Triennale, Milano – fino all’8 gennaio 2017. L’artista di origini francesi configura la sua prima personale in un’istituzione pubblica italiana in concomitanza con “An Autumn Lexicon” alle Serpentine Galleries. Al primo piano della Triennale di Milano, un progetto espositivo legato alla storia e all’architettura del Palazzo dell’Arte svela, tra ombre colorate e architetture commutabili, vicinanze formali ed emotive con la più onirica tra le avanguardie storiche: la Metafisica.
CHAIMOWICZ INCONTRA DE CHIRICO
“Ho incontrato Marc Camille Chaimowicz, un anno fa”, ricorda Eva Fabbris, curatrice di Maybe Metafisica, “l’ho avvicinato su suggerimento di Edoardo Bonaspetti, a Parigi. La sua pratica compositiva, performativa, installativa, alcuni approcci e la portata del suo dialogo con la Modernità, in termini di immaginario, hanno influenzato moltissimo giovani artisti contemporanei. In anticipo sui tempi. Così, dopo esserci scambiati diverse mail e in relazione ai processi compositivi che lo contraddistinguono, ho deciso di inviargli una fotografia dei Bagni Misteriosi di Giorgio de Chirico, gruppo scultoreo di riferimento estetico per La Triennale e il suo recente passato artistico. L’avvicendamento e la rielaborazione di percorsi di grandi artisti come Flaubert, Genet, Cocteau o Picasso è ricorrente in Chaimowicz. Mentre de Chirico, la Metafisica e le sue atmosfere è la prima volta che vengono introdotte in una sua mostra e presentati, proprio a Milano, da dove nasce tutto il nuovo processo di Maybe Metafisica”.
OLTRE LE DISCIPLINE
Marc Camille Chaimowicz (Parigi, 1947, Parigi; vive a Londra e in Borgogna) ha tenuto mostre personali in numerose istituzioni per l’arte contemporanea come Indipendenza, Roma (2016), Nottingham Contemporary, (2011), Secession, Vienna (2009), De Appel, Amsterdam (2008) e Migros Museum für Gegenwartskunst, Zurigo (2006). Chaimowicz è un reale artefice caratterizzato da una forte spinta, da un’attrazione incolmabile verso le intersezioni multidisciplinari. A partire dagli Anni Settanta, la sua pratica installativa e performativa ha anticipato l’attitudine, oggi molto diffusa, di coniugare arti visive con coreografia, regia e curatela. Oggi, gli spazi allungati che costeggiano l’Impluvium sulla destra, si dividono in due sezioni, due corridoi dai ritmi allestitivi quasi contrapposti, che dialogano attraverso un assaggio romboidale e che sul finire del percorso si ricongiungono. La mostra prende avvio cronologico e talvolta formale da Il Figliuol prodigo (1973) di de Chirico da due figure avvinte da un legame generazionale e da alcune superfici di contatto; avvicinamenti che mettono l’energia intima dell’uomo in relazione con l’architettura modernista dell’esterno, della Piazza, sfondo situato oltre la cornice prospettica che li riunisce.
TENSIONI PRIVATE
“Tutti sappiamo”, rimarca la curatrice, “quanto i modernisti abbiano guardato alle piazze d’Italia. E anche in Maybe Metafisica diviene indispensabile la rivelazione di una certa tensione intima, privata e soggettiva, ben sottolineata dall’avanguardia di de Chirico in opposizione alla dimensione pubblica modernista che re-inventa la classicità rivolgendosi alle masse. All’interno di questa tensione, Chaimowicz si ritrova perfettamente. Inoltre, le coincidenze visive, lessicali, linguistiche ed emotive sono effettivamente forti, pur non trasformando l’artista in uno studioso, o in un teorico, quanto, piuttosto, trasformandolo nello scopritore meravigliato di una propria radice, un’eredità che non aveva ancora esplicitato”. Gli archi interrotti e disfunzionali, reclinati su loro stessi, come leggere seste in legno (Arches, 1975-2016) che anelano alla trascendenza di scale (Two-Speed Staircase, 1999-2016) puntate verso il cielo, attraversano decorazione, pittura, installazione, costruzione di ambienti e scultura fittile. Volumi che sembrano posti nello spazio per assecondare le ombre colorate che li allungano, che li modificano, li smaterializzano, nascondendone ogni significato conscio, come in We Chose Our Words With Care, That Neon-Moonlit Evening; It Was As If We Were, Party To A Wonderful Alchemy (1975-2008), il cui diorama si può intravedere solo al di là di squarci, tagliati manualmente nella cortina che li separa dal palcoscenico della realtà.
Ginevra Bria
Milano // fino all’8 gennaio 2017
Marc Camille Chaimowicz – Maybe Metafisica
a cura di Eva Fabbris
LA TRIENNALE
Viale Alemagna 6
02 724341
[email protected]
www.triennale.org
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/56756/marc-camille-chaimowicz-maybe-metafisica/
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