Un universo da immaginare. Tancredi a Venezia

Collezione Peggy Guggenheim, Venezia – fino al 13 marzo 2017. La retrospettiva curata da Luca Massimo Barbero combina una serie di opere selezionate da un'articolata produzione con i capolavori acquisiti in seguito alla donazione Giorgio Bellavitis e con quelli provenienti dal MoMA di New York e dal Wadsworth Atheneum Museum of Art di Hartford. Mettendo in luce “il mito di Tancredi”, l'artista come anticipatore originale, talvolta incompreso.

LEGGEREZZA E LIBERTÀ
Ogni artista è soggetto ai giudizi mutevoli dei critici e spesso il momento storico ne condiziona le vicende. Fortunate o meno, le circostanze portano Tancredi Parmeggiani (Feltre, 1927 –Roma, 1964) a sviluppare a Palazzo Venier dei Leoni una parte considerevole delle proprie opere. Fu definito da Peggy Guggenheim, nel 1973, uno dei pittori più importanti in Italia dopo il Futurismo. Il suo sostegno in qualità di mecenate (farà di tutto per promuoverlo a livello internazionale) è sancito nel tempo dal ritorno delle sue opere a Venezia.
Questo tracciato espositivo consegna una figura che mai si è imposta in maniera definitiva e assoluta, ma che con leggerezza e libertà ha vissuto un percorso creativo difficilmente classificabile, tutto teso a rafforzarsi in un confronto continuo con le tendenze coeve.

Tancredi Parmeggiani, Senza titolo, 1950-51 - Collezione privata, Belluno

Tancredi Parmeggiani, Senza titolo, 1950-51 – Collezione privata, Belluno

PUNTO E COLORE
Un irrequieto sondare già visibile nella prima sala, dove sono raccolti numerosi autoritratti e disegni, destinato poi a confluire in una ricerca legata all’astrattismo, inteso come strumento libero da formule, per sperimentare un linguaggio pittorico che mira alla concretizzazione delle idee. Con forme aperte e liquide, l’artista si accosta così allo Spazialismo e i suoi “pulviscoli poetici”, come li definiva il giornalista del Gazzettino Federico Castellani, vanno al di là dal segno da cui partono. Lo spazio viene risolto considerando anche il vuoto come un elemento che non può prescindere dal punto, diventato termine relativo. Punto, segno o pennellata che diventano dinamici, si trasformano in cromatismi vitali. “Dal punto io parto attraverso grafie e colori istintivi per la conquista di nuove immagini di natura”, diceva l’artista.
Spingendosi oltre il dripping di Pollock, la pittura di Tancredi evolve senza mai dimenticare lo spazio come fenomeno di energia, materia e natura. La lezione della natura, un suo costante interesse, si tramuta in tracce gestuali, calligrafie di luce o crittografie del presente che rispondono alla volontà di sentire l’intero Universo dentro di sé, in modo sincero e immediato, come in A proposito della laguna.  I luoghi che lo circondavano erano una variabile significativa da cui partire per generare emozioni.

TRA OGGETTO E POESIA
Superando il soggettivismo, arrivò a un’ultima fase con l’inserimento nella pittura dell’oggetto. Che si tratti di ritagli di giornali, fiori finti o i suoi stessi disegni, l’oggetto rappresentò un appiglio per raccontare una società alienante. Siamo nei primi Anni Sessanta e spontaneamente il suo fare diviene ancora più etico, un sussurro di protesta; nei lavori come i Fiori dipinti da me e da altri al 101%, Diari paesani e la serie di tre dipinti dal titolo Hiroshima, la parola rafforza la pittura e diventa allusiva di un subbuglio interiore. In tutta la sua breve ma folgorante carriera il linguaggio, dalle auto-presentazioni agli appunti come nella scelta dei titoli, diviene un secondo elemento, quasi per redimere la tumultuosa visione poetica fatta di segno colore e luce.

Antonella Potente

Venezia // fino al 13 marzo 2017
La mia arma contro l’atomica è un filo d’erba. Tancredi. Una retrospettiva
a cura di Luca Massimo Barbero
Catalogo Marsilio
COLLEZIONE PEGGY GUGGENHEIM
041 2405411
[email protected]

www.guggenheim-venice.it

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/55402/tancredi-la-mia-arma-contro-latomica-e-un-filo-derba/

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Antonella Potente

Antonella Potente

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