Cubismo
Tra le Avanguardie del Novecento, il Cubismo di Picasso e Braque ha un ruolo rivoluzionario per la pittura di tutto il secolo
Un quaderno a righe dalle pagine ingiallite, pieno di schizzi di nudi femminili: è l’inizio della ricerca che avrebbe portato…
Introduzione al Cubismo
Dal verosimile al vero
Tra le Avanguardie del Novecento, il Cubismo è il primo movimento a dissociarsi dall’imitazione della realtà. Tutta la storia dell’arte scritta fino ad allora non è più accettabile. Dalla prospettiva di Brunelleschi, alla luce naturale impressionista: per i Cubisti è solo una grande illusione collettiva. Il reale è più complesso di come sembra ai nostri occhi. L’impegno di questi artisti, guidati dalla rivoluzione di Picasso, è andare oltre la verosimiglianza dei loro precursori. È una ricerca continua del vero, e del recupero della pura riproduzione di tutte le facce della realtà: come avveniva prima dell’invenzione della prospettiva. Il Cubismo vuole fare qualcosa di più della tridimensionalità: mira alla quarta dimensione. Quella del tempo. Con quella sì, che la pittura può narrare il vero della natura.
“La natura è una cosa, la pittura è un’altra.” (Pablo Picasso)
Apollinaire racconta il Cubismo
Nel 1913, il poeta francese Guillaume Apollinaire, allora residente al Bateau Lavoir con Picasso, scrisse un testo dedicato al pensiero cubista. Le sue parole sono una fonte preziosa per capire la poetica del movimento.
Apollinaire individuò nel Cubismo una ricerca lontana dal riprodurre il verosimile. Una ricerca della verità, che richiedeva l’uso della mente dell’osservatore, e non più solo dell’occhio, spesso ingannato dalle apparenze. In parallelo alla complessità strutturale della musica, la pittura diventava un’arte plastica nuova, al pari complicata. Compito dei cubisti era “misurare lo spazio con la quarta dimensione”, ossia con la resa della temporalità.
“Da questo momento si domanda all’amatore di arte di trovarvi un piacere diverso da quello che può facilmente procurarsi con lo spettacolo delle cose naturali.” (Guillaume Apollinaire)
I protagonisti e la nascita del Cubismo
La genesi del Cubismo è strettamente legata al nome di Pablo Picasso. La corrente ebbe origine da una sua intuizione, sviluppata poi con l’amico Georges Braque.
Riferimenti storici
Tutto cominciò al Salon d’Automne del 1907, in occasione della retrospettiva su Paul Cézanne, defunto pochi mesi prima. Picasso visitò la sua mostra, e ne rimase folgorato. “Fino a questo momento ho sbagliato tutto” – disse. Senza la rivoluzione di Cézanne, non sarebbe nato il Cubismo.
L’origine del nome
Due personaggi si celano dietro al nome del movimento. Il primo è Matisse, che nel vedere uno paesaggio di George Braque lo criticò dicendo che sembrava composto “da piccoli cubi”. A partire da ciò, Louis Vauxcelles (lo stesso intellettuale che aveva coniato il termine Fauvismo) commentò le opere di Picasso e dei suoi compagni come “bizzarrie cubiste”.
I pittori cubisti
I fondatori ed elaboratori del linguaggio cubista furono Pablo Picasso e Georges Braque, tanto amici quanto colleghi di lavoro. Tra coloro che si accostarono al movimento si ricordano:
- Robert Delaunay
- Marcel Duchamp (nella sua prima produzione)
- Francia Picabia
- Jacques Villon
Le fasi del Cubismo di Pablo Picasso
Complesso e necessitante di uno sforzo mentale per essere capito, il Cubismo fu il risultato di una lunga ricerca. Partendo dalle geometrie di Cézanne, Picasso attraversò tre fasi di sviluppo: Protocubismo, Cubismo Analitico e Cubismo Sintetico.
Il Protocubismo e Les Damoiselles d’Avignon
La fase iniziale del Cubismo ebbe origine con Les Damoiselles D’Avignon, dipinte nel 1907 e conservate al MOMA newyorkese. Segnarono il passaggio dal Periodo Rosa alle prime sperimentazioni di scomposizione della realtà, ispirate a Cézanne. All’inizio, l’opera non fu accolta in modo favorevole, né dal pubblico, né dall’entourage artistico del pittore. Lo stesso George Braque la criticò, come fecero molti altri che lo videro nello studio di Picasso, in cui rimase fino alla morte.
Il soggetto
Il dipinto prese il nome da una via di Barcellona, Rue d’Avignon, nota per i suoi numerosi bordelli. Tre figure femminili, probabilmente prostitute, sono disposte attorno a un piatto di frutta. Si tratta di due temi chiave della storia dell’arte: il nudo e la natura morta. È come se Picasso volesse sottolineare la sua rivoluzione della tradizione anche nella scelta del soggetto.
Riferimenti pittorici
Le cinque fanciulle richiamano molte opere di pittori della generazione precedente, impressionisti e post-impressionisti. Immediato è il riferimento alle Grandi Bagnanti (1898-1905) di Cézanne per la posizione della donna con le braccia alzate, che omaggia anche La Joie de Vivre (1906) di Matisse. Sempre in tema di nudi femminili c’è un rimando a Degas, alle sue numerose donne al bagno. Per concludere con Toulouse-Lautrec, che conta diverse prostitute tra i suoi soggetti. Andando più lontano nel tempo, l’opera prende spunto dall’arte antica, iberica, quanto africana ed egizia, vista da Picasso tra villaggi spagnoli e musei etnografici.
Analisi
Con il ricorso al primitivismo dell’arte antica, la realtà è ridotta alle sue forme essenziali. Le figure femminili, tutt’altro che sensuali, sono scomposte in più parti spigolose. Soggetti e sfondo collassano in un unico piano, che supera l’illusoria tridimensionalità della prospettiva lineare. La maschera africana, il profilo da geroglifico egizio, e gli altri volti squadrati, riportano indietro nel tempo. A un passato in cui la prospettiva non era ancora stata inventata.
Il cubismo analitico
Riconosciuto l’inganno visivo della prospettiva lineare, il Cubismo Analitico (1909-1912) oltrepassava il suo effetto tridimensionale, per portare sulla tela tutte le facce della realtà. Cosa impossibile seguendo le regole prospettiche.
Precursore di questa fase fu Paul Cézanne, con la scomposizione della scena in forme elementari: cono, cilindro e sfera. Ispirandosi a lui, Picasso spostò l’attenzione sulla sintesi dei volumi in un unico piano. Tutte le sfaccettature dei soggetti divennero visibili nello stesso momento; dalla terza, si passò alla quarta dimensione. Quella del tempo.
Il Cubismo Sintetico
L’ultima fase del Cubismo si colloca tra gli anni 1912-1914, caratterizzati da colori accesi e ampio spazio dato alla realtà. Due tecniche centrali di questo periodo furono il papier collé e il collage, apprezzate tanto da Picasso, quanto dall’amico Braque.
La realtà nella tela
Nel Cubismo Sintetico, la realtà fece direttamente capolino sulla tela, diventandone protagonista. Il riferimento è a pezzi di realtà, presi e inseriti nell’opera, sostituendo in parte i colori. Davanti ai limiti della pittura, i Cubisti cominciarono a incollare carte stampate, pezzi di corda o legno, e altri materiali ready-made. Spesso una scritta aiutava a capire il contenuto: lettere o numeri, che identificavano con precisione l’oggetto.
Papiers collés e collage
Centrali nel trasporre la realtà nelle opere in aiuto alla pittura, queste due tecniche divennero popolari tra i Cubisti. Grazie a esse, il mondo appariva per quello che era, superando i confini bidimensionali del dipinto.
Malgrado sembrino la stessa cosa, si tratta di concetti diversi. I papiers collés prevedevano l’impiego di carte stampate: carte da parati, spartiti musicali, giornali, finto legno. Il collage, invece, includeva ulteriori materiali, dai pezzi di corda alle tavole di legno. L’iniziatore di queste pratiche fu Georges Braque, ispirato da una carta da parati simil-legno, vista in una drogheria di Avignone.
Emma Sedini
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