Dieci minuti per venti euro: comprando il denaro col tempo. Cesare Pietroiusti racconta il suo Money-Watching, al festival VIVA di Cosenza
Il tempo è denaro? Cesare Pietroiusti invita il pubblico a comprarlo, il denaro. Offrendo in cambio dieci minuti del proprio tempo. Un paradosso che innesca molte riflessioni possibili. Ce ne parla lui stesso, a Cosenza, in occasione del festival VIVA
Autore: Alessandra Galletta
Riprese: Andrea Giannone, Domenico Catano
Montaggio: Andrea Giannone
Tra i protagonisti del festival VIVA Performance Lab (8-9 dicembre 2012), curato da Cristiana Perrella e Tania Bruguera e promosso da Comune di Cosenza, Maxxi e UniCAL, c’era anche Cesare Pietroiusti, tra i più interessanti artisti italiani che, nel campo delle arti performative, hanno costruito un linguaggio e un’estetica personalissime, dalla forte valenza concettuale.
Nella video intervista realizzata da Alessandra Galletta per Artribune Television, Pietroiusti racconta il lavoro presentato per VIVA, già proposto a Birmingham nel 2007. Money-Watching innesca una riflessione sul tempo, che è, o dovrebbe essere, denaro. Come sapienza popolare vuole. Un detto antico che rammenta la preziosità assoluta e relativa dello scorrere del tempo. La felice utopia: avere tempo, possederlo e non esserne posseduti, cedere all’otium, concedersi il niente come pienezza e la lentezza come dimensione esistenziale. Eppure, il denaro ha fatto del tempo la schiavitù del presente. Un presento fatto di velocità asfissiante, di frenesia e attesa tossica, di ansia da prestazione, di ottimizzazione ed asservimento a un imperativo economico ormai interiorizzato.
Pietroiusti, per questo suo “gioco sociale”, di cui è protagonista il pubblico, invita tutti a prendersi del tempo. Dieci minuti di silenzio e di osservazione. Dieci minuti spesi per guardare fisso una banconota, seducente reliquia custodita in una teca: se normalmente usiamo il denaro per comprare il nostro tempo, i nostri spazi, le nostre merci, qui è col tempo che ci conquistiamo il denaro, tramutato, esso stesso, in merce. Paghiamo con quei dieci minuti i venti euro che abbiamo di fronte. E’ sufficiente rimanere immobili: nell’insensatezza di uno sguardo inutilmente contemplativo, avremo comprato quei pochi euro, offertici come bene di consumo. Un paradosso che induce a molte riflessioni possibili. E che, in fondo, un po’ di tempo lo ha regalato. Gli improvvisati performer torneranno a casa con 20 euro in più in tasca, con dieci minuti in meno, ma con un’esperienza nuova da portarsi dentro. Performer per un giorno, mutando ritmo e prospettiva.
– Helga Marsala
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