Andrea Viliani? Un po’ come Grillo: il Madre e la retorica della partecipazione dal basso. Eduardo Cicelyn al vetriolo
Dal Madre a Casamadre. Una lunga intervista a Eduardo Cicelyn, che ad Artribune racconta ambizioni, progetti, idee. Non risparmiando critiche alla nuova gestione del Museo che fu sotto la sua direzione. Negli spazi che ospitarono il grande Lucio Amelio, comincia la nuova avventura di gallerista
Lo abbiamo incontrato alla vigilia del battesimo della sua nuova creatura: prima dell’opening di Casamadre, Eduardo Cicelyn si racconta ad Artribune, in conversazione con Diana Gianquitto. Venti minuti a ruota libera, rispondendo a domande che lo portano su temi densi, qualche volta spinosi: fra memorie del passato e progetti per il futuro (“La mia ambizione? Andarmene in pensione, ritirarmi a vita privata”), il presente vede germogliare progetti e percorsi inediti, orientati non tanto al mercato e alle mode, quanto ai “valori”. Da direttore di museo a gallerista: per Cicelyn si apre un capitolo nuovo, su cui pesano anni di polemiche, conditi da traguardi importanti ed esperienze intense.
Ripartire, dunque, ma da dove e con che idea alla base? “La galleria è un teatro, in cui va in scena la cultura visiva contemporanea”, risponde lui. Che sogna un posto in cui rappresentare – nel senso di dar forma, perimetro, peso, scrittura – la cultura e il sentire del presente, i linguaggi, le evoluzioni del gusto e del pensiero. Intendere il mestiere di gallerista come quello di regista, più o meno; artefice di una grande rappresentazione corale, che poco ha da spartire con le tendenze e con l’effimero, e che molto dovrebbe riguardare, piuttosto, la sostanza. Idee, valori, principi. In senso estetico, naturalmente.
Cicelyn parla del ruolo di gallerista e di quello di operatore pubblico; parla della sua liquidazione investita per un’avventura incerta, da cavalcare però con tutte le energie, seguendo le orme dell’indimenticato Lucio Amelio, di cui oggi occupa lo stesso spazio espositivo, in Piazza dei Martiri. Una tradizione che si riannoda al presente, un percorso che lui, l’ex direttore del Madre, spererebbe di riprendere, pensando e facendo in grande.
E quando si parla del Madre, lui – placido, serafico, ma graffiante – non le manda certo a dire. La nuova gestione di Andrea Viliani (mai citato, ma più volte evocato)? “Non ho un’opinione negativa, non ho proprio un’opinione. Di fronte a tutto quello che si legge del Madre, a tutta la pubblicità che si fa intorno al Madre, sembra di leggere un comunicato dei grillini: è come se ci fosse una rete fantomatica, che da qualche parte decide dei valori e delle forze in campo. È qualcosa di destrutturante”. Ed ecco il parallelo provocatorio tra arte e politica, allacciandosi alla figura del guru mediatico Beppe Grillo: il nuovo museo targato Viliani punterebbe su un linguaggio del “passato remoto, che torna modernizzato sotto i codici della rete”. Museo in fieri, museo in progress, museo partecipato, museo dal basso, museo e territorio. Il effetti, il sapore è quello lì: l’idea del collettivismo e della compartecipazione, che arriva dagli anni ’70 e che si riplasma sui nuovi modelli del 2.0. Ma per Cicelyn è solo retorica, anzi, “melassa“. Un “giocattolo” da lasciare ai giovani. Tanto, prima o poi, finirà.
Strenuo difensore della centralità di chi governa la macchina, con tutta la responsabilità da assumersi verso opere e professionalità, Cicelyn vede in questi nuovi modelli partecipati e fluidi una negazione del ruolo intellettuale di chi tiene le redini; che si parli di un politico o di un direttore di museo. Visione tradizionalista improntata alla concretezza, che nulla concede alle dinamiche di una certa attualità e che però esclude, a proiori, la possibilità di un equilibrio tra responsabilità personale e partecipazione collettiva, tra escluisività della scelta e democratismo inclusivo. Ma è davvero così impossibile cercare questa convergenza? In fondo, restando su Grillo, le carte sono state presto scoperte: dietro l’esca seduttiva della rete non solo centralità del singolo, ma persino un certo gusto dispotico. Questione controversa.
Ultime stoccate: il famoso portone del Madre dipinto di giallo (“una mancanza di rispetto per Alvaro Siza” e verso un edificio vincolato) e un sito internet impoverito, da cui sarebbero spartiti anni di lavoro, di attività, di catalogazione.
Insomma, un fiume in piena. E non certo d’acqua dolce. Tutto da ascoltare, aspettando di vederlo passare all’azione. Dopo tante critiche, il banco di prova: Cicelyn erede di Amelio? Certo l’ambizione non manca. Altro che pensione…
Helga Marsala
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati