Pietro Fortuna, Studio Visit. Esplorazioni intime, tra il ricordo e la stanza
C'era anche questo video tra le opere esposte a Roma, a Villa Carpegna. Dall'ultima personale di Pietro Fortuna, un racconto per immagini che esplora l'universo intimo dell'artista. Dal tavolo da lavoro fino a una sequela di spazi e presenze. Tanto mentali, quanto reali
Si chiama Studio Visit ed è uno dei sette video realizzati da Pietro Fortuna, assieme ad alcune sculture, per la personale appena conclusa negli spazi di Villa Carpegna, sede della Quadriennale. Un corpus pensato come contesto poetico ed estetico, da far ruotare intorno all’opera principale, “Corona”, donata all’istituzione romana. Le parole del curatore, Guglielmo Gigliotti, bene inquadrano la direzione in cui procede la ricerca di Fortuna, intrisa di suggestioni filosofiche e declinata attraverso forme simboliche e algide strutture concettuali: «Da bambino Fortuna temeva che a una minima sollecitazione i suoi occhi potessero cadere all’interno. Da adulto non si è tradito: le sue sono rivelazioni rovesciate, vertigini oggettive, collassi di voli, per un’indagine attorno a ciò che rimane della realtà quando la liberiamo dai vincoli dell’interpretazione. E’ un’arte portata al limite e al contempo rifondativa (l’essenza ultima delle cose è anche la prima)… Un gesto d’amore estremo per questa cosa tra le cose, l’arte, due sillabe che emozionano e che interroghiamo da millenni».
Studio Visit è un viaggio nell’universo intimo dell’artista, concepito come un unico, lunghissimo piano sequenza: nel buio di uno spazio tanto reale quanto poetico, la camera avanza, lentamente, senza sosta, seguendo la luce concentrata e calda di una torcia, o forse di un occhio di bue, così simile a quella luce sentimentale del ricordo, che emerge dal nero di un tempo interiore.
Esplorazione, racconto teatrale, paesaggio filmico, avventura mentale. In qualche modo un po’ di tutto questo. E intanto l’occhio scorge angoli di un quotidiano apparecchiato sul tavolo, poi nella stanza, poi tra gli scaffali, poi in un altro ambiente ancora… Si riconsocono frammenti di sculture, calchi, strumenti di lavoro, oggetti arrivati direttamente dall’immaginario e dalla produzione di Fortuna; e poi colori, fogli, faldoni, archivi, poltrone, angoli di appartamenti dissolti tra immaginazione e verità, tra narrazione e memoria; mentre dal buio emergono, in qualche punto, persino delle figure umane. Un uomo, una donna, comparse di un presente confuso col passato. Così, il piano del concetto, quello della memoria e quello dell’osservazione si fondono, mentre dall’atelier si passa, probabilmente, nel dedalo di una biografia, sentendo riecheggiare voci, rumori, versi di animali, scricchiolii, annegati nel rumore bianco di fondo.
Nessuna vera fine, in questo viaggio circolare privo di riferimenti spaziotemporali e orientato al di qua dell’occhio e del limite visivo. Un viaggio che termina circunnavigando in penombra l’installazione Glory III: fasci di fiori intrappolati tra due lastre di vetro, a evocare tutta la fragilità del mondo, dei ricordi e delle cose.
– Helga Marsala
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