Beni culturali, tra pubblico e privato. Un incontro a Perugia
Come possono le amministrazioni pubbliche, le imprese e la società civile lavorare insieme per valorizzare il patrimonio culturale dei territori, garantendone la sostenibilità? Un confronto con alcune figure istituzionali, a Perugia, per delineare politiche e strategie per il futuro
Il futuro delle politiche per i beni culturali tra pubblico e privato è un incontro che si è svolto lo scorso 10 novembre a Perugia, nella Sala dei Notari del Palazzo dei Priorin, all’interno dellla rassegna UmbriaLibri 2013.
Promosso da Fondazione Fitzcarraldo e Comune di Perugia, l’appuntamento ha coinvolto diverse figure istituzionali, tra cui il sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni e gli Assessori alla Cultura di Regione Umbria e Comune di Perugia – Fabrizio Bracco e Andrea Cernicchi – a confronto con Giuliano Segre, Presidente Fondazione di Venezia e Ugo Bacchella, Presidente Fondazione Fitzcarraldo.
I temi? Made in Italy, valorizzazione dei beni e delle risorse culturali, strategie di gestione e progetti di sviluppo, ruolo dei privati, carenze, doveri e resposnabilità del pubblico, necessità di attrarre capitali, specificità territoriale e ricchezza identitaria, stretta connessione tra la crisi e la fragilità attuale del Paese e la perdita di forza dell’intero sistema culturale nazionale. Sempre partendo da un assunto: il budget per la cultura non è una spesa, ma un investimento. Ovvero, qualcosa che torna, che si autoalimenta, che produce qualità intellettuale e prosperità economica, e che contribuisce all’innalzamento della qualità della vita.
“C’è un’idea che gira, e viene spesso richiamata”, ha sottolineato Bacchella, “secondo cui gli incentivi fiscali sono l’elemento determinante nel muovere i privati cittadini o le imprese a intervenire in ambito culturale; quando invece esistono ormai numerose prove che non è così: e cioè gli incentivi fiscali sono la condizione necessaria, ma non sufficiente. Ci sono molte esperienze di programmi di incentivazione dei privati che dicono che se non si innesta un senso di appartenenza per cui i cittadini decidono che il patrimonio culturale è ‘cosa nostra’, è parte della nostra identità, è parte del nostro sistema educativo, è parte della nostra vita civile… non c’è incentivazione fiscale che tenga. E richiamarsi a modelli quale quello americano è improprio, perché stiamo parlando di due sistemi di valori, di due modi di pensare il ruolo dei cittadini nella vita pubblica completamente diversi”.
Una riflessione importante, che mette insieme il tema fiscale – assolutamnente strategico – e quello, forse ancor più determinante, della coscienza civica e del senso di appartenenza. Il vero punto, forse, da cui ripartire: l’Italia e la misura del suo straordinario valore.
– Helga Marsala
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